lunedì 29 ottobre 2007

Loro di Napoli

Vero è che a Torino stanno masticando amaro, ma......




29/10/2007

JACOPO IACOBONI

Bisogna capirli. Ezequiel Lavezzi, fantasista che ha riacceso i sogni dei tifosi del Napoli, val bene un'impegnata battaglia civile.

Litigheranno su tutto, le riforme, la legge elettorale, il governo che cade-o-non-cade, ma su una cosa sono trasversalmente d'accordo i politici: il pallone aggratìs non si tocca. I fatti sono tragicomici: esiste un ordine del giorno presentato al Consiglio comunale di Napoli da un uomo della (ex) Margherita, e sottoscritto da moltissimi di An, nel quale un nutrito gruppo di consiglieri si lagna perché da qualche tempo al San Paolo non li si tratta col dovuto omaggio al notabile. Certo, hanno 120 biglietti gratis, anche se sono solo sessanta. Godono dei colpi di Gargano e Lavezzi senza scucire un euro. Però capiteli: ai cancelli vien chiesto loro di identificarsi, eppure sono «ben conosciuti in tutti gli ambienti della città tranne che all'ingresso dello stadio». Parlano di «rudi maniere» del personale, e denunciano di esser «sovente dileggiati da altri spettatori non politici». Sostengono infine di ricevere solo posti «di valenza secondaria». Insomma, la partita gliela fanno vedere male! Così vorrebbero «impegnare» il Consiglio a modificare il contratto con il Napoli, vogliono più rispetto perché loro - ummamma - «onorano con la propria presenza gli eventi sportivi». Il presidente del Consiglio comunale conferma: l'ordine del giorno «purtroppo c'è»; ma, promette, non lo metterò mai ai voti. Ma poveri politici-tifosi, hanno solo cercato quello che vogliono tutti, un'intesa alta tra i poli.

martedì 16 ottobre 2007

Neapolitan Rubbish Party ovvero Movimento della Mondezza Napoletana

Ormai Napoli e provincia sono letteralmente sommerse dai rifiuti. Ci sono accessi pedonali, impraticabili per i cumuli di spazzatura, in alcuni punti si superano i due metri di altezza. Cosa aspettiamo a fondare il Neapolitan Rubbish Party ovvero Movimento della Mondezza Napoletana, memori di quel che accadde a Boston il 16 dicembre di 234 anni orsono? Non buttando i rifiuti a mare, (già ne è pieno!) ma recapitando a mano (di persona) i nostri sacchetti, non nei centri di "smaltimento", ma consegnandoli nelle mani di chi detiene la responsabilità di questo disastro e contestualmente ottenere spiegazioni di come mai in alcune strade di Napoli e provincia non crescono nemmeno le erbacce. Forse ci abitano i VIP? A pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca!

sabato 6 ottobre 2007

Due napoletani conquistano New York

26 settembre 2007

MADE IN ITALY

Due napoletani

conquistano New York

I gioielli di Roberto Faraone Mennella e Amedeo Scognamiglio sono diventati famosi anche grazie a «Sex & the City»


di Paola Bottelli

Hanno 35 anni, sono tutti e due di Torre del Greco, ma puntualizzano subito che non sono arrivati nella Grande mela «con la valigia di cartone». In Italia sono pressoché sconosciuti, ma a New York il loro corner da Bergdorf Good­man, tempio del lusso dove le clienti fanno shopping sorseggiando champagne, «è il marchio di gioielli che vende di più: 3 milio­ni di dollari sui 12 del nostro fatturato», di­cono con orgoglio. Roberto. Faraone Mennella - il cui cognome ha appunto generato il brand Faraone Mennella, naturalmente made in Italy ‑ è figlio di un imprenditore del settore genetica agraria ed è arrivato negli States per un Master in business administration (ma invece ha frequentato di nascosto dai genitori la Parson's School per studiare design). Amedeo Scognamiglio, creativo pure lui, è la sesta generazione di fabbricanti di cammei (con il suo nome di battesimo ha un negozio in Lexington Avenue che vende solo questo tipo di gioielli, realizzati su misura anche da foto di mogli, figli, cani e cavalli). Come siano diventati quello che sono ‑ con le foto dei loro gioielli sulle cover dei più famosi magazine, le signore dell'alta società di New York in fila per indossare collane e anelli, e la prima causa legale appena vinta contro una Tv che vendeva i loro oggetti contraffatti non è affatto un mistero.

”Solari” solo i napoletani possono essere, raccontano il loro colpo di fortuna. «Cinque anni fa - spiega Amedeo - sta­vamo andando a vedere uno spazio per aprire il nostro showroom e abbiamo vi­sto per strada una folla intorno a un cam­per: stavano girando Sex & the City, ed era­no gli esordi. Sulla porta c'era la targa Patricia Field: sapevamo che era una costu­mista famosissima. Con grande faccia di bronzo abbiamo bussato: chi siete? ci ha chiesto una donna con i capelli rossi, cap­pello da cowboy e sigaretta tra le dita, emergendo tra centinaia di shopping bag Jean-Paul Gaultier e Manolo Blahnik, Dol­ce&Gabbana e Marc Jacobs, Cartier e Bul­gari. Le abbiamo proposto i nostri gioielli, erano prototipi di due perfetti sconosciu­ti, lei li ha "sequestrati" tutti. E noi diven­tiamo famosi».

Ora, infatti, hanno fornito i gioielli anche per il film Sex & the City, atteso nelle sale la prossima primavera, con un finale d'amore tra Carrie e Mr Big: pezzo forte sarà la collana Tuca-Tuca a bolle d'ispira­zione anni '8o, oltre agli abbinamenti oro-ceramica. «Proprio Sarah Jessica Parker -aggiunge Faraone Mennella - è una- delle nostre clienti più affezionate e ormai è di­ventata un'amica. Così come Meryl Streep, che ci ha manoscritto una splendi­da lettera per ringraziarci dei pezzi che ha indossato per Il diavolo veste Prada. O co­me Olivia Chantecaille, una delle socialite più famose di New York, quotidianamen­te paparazzata con i nostri gioielli».

Con il successo, i due ragazzi hanno al­largato il raggio d'azione anche a prodotti più preziosi. Per le vetrine di Natale di Ber­gdorf stanno preparando un girocollo con diamanti e gocce di acquamarina sfaccetta­ta «tipo regina delle nevi», spiega Roberto. E intanto prosegue la collaborazione con Carolina Herrera, la regina americana del­lo stile. «Quando le sue clienti più affezio­nate - conclude Amedeo - vanno a sceglie­re i look della stagione, noi siamo lì a pro­porre pezzi "su misura": Herrera è celebre per le gonne da ballo accompagnate da grandi camicie bianche e fermate da una grande e preziosa spilla. L'ultima la stiamo realizzando per Tara Rockefeller».



martedì 2 ottobre 2007

Gigli a Barra

Che speranze ci sono in un risollevamento di Napoli?
C'è ancora da chiederselo dopo episodi del genere?



GIUSEPPE CRIMALDI

Omaggio al boss alla festa dei Gigli di Barra: scatta l’indagine. Un manifesto con dedica al padrino, poi la «scultura» del capoclan Aprea portata in trionfo fino all’alba. Nel mirino degli investigatori il Giglio del boss. I primi a vederlo furono i carabinieri, il 13 settembre scorso. Con quasi tre settimane di anticipo sulla data della festa, il Giglio della famiglia Aprea si mostrò ai militari che eseguivano una perquisizione a Barra in tutta la sua grandezza: il fusto (25 metri di altezza per 40 quintali di peso) era in pieno stato di realizzazione. Ieri è arrivato il grande giorno. La grande parata ha avuto luogo, fino a tarda notte, e tutti hanno potuto vedere sfilare quell’obelisco ligneo, fiore tra i fiori della grande festa di Barra. Ma su quest’appuntamento che segue una tradizione antica restano puntati, tra tanti, anche gli occhi dei responsabili delle forze dell’ordine: non solo e non tanto perché in un momento di generale fibrillazione criminale anche l’area orientale della città resta sorvegliata speciale (il richiamo di migliaia di persone potrebbe costituire lo spunto per fatti violenti e anche di sangue); ma anche e soprattutto per un manifesto che è stato affisso nei giorni scorsi per omaggiare e ringraziare «Mister X, il “padrino” del Giglio» realizzato dalla paranza denominata «Sua Maestà l’Insuperabile». Ma chi è «Mister X?». Esiste davvero? E perché, se esiste davvero, ha preferito nascondersi dietro quello pseudonimo? Decifrare questo presunto mistero non è poi così difficile: e per questo giova tornare a quella data, a quel 13 settembre, quando i carabinieri della compagnia Poggioreale, guidata dal capitano Antonio Caterino, fecero irruzione nel cortile che dà accesso agli appartamenti in cui abita la famiglia di Pasquale Aprea, fratello di Giovanni, detto «ponta ’e curtiello» e considerato il boss dell’omonima famiglia. Quel giorno, nel corso delle perquisizioni, i militari scoprirono un passaggio segreto che dava accesso a un covo superprotetto, forse utilizzato per coprire la latitanza di qualche affiliato al clan Aprea. E, poco distante, notarono anche il Giglio di «Mister X», come documenta la fotografia scattata quella stessa mattina. Torniamo ora al manifesto. Sotto la dicitura «Piedigrotta Barrese 2007» si legge che a organizzare il «ringraziamento» al «padrino» è il «Comitato Crocelle» (l’abitazione perquisita dai carabinieri a settembre si trova, appunto, a un centinaio di metri da piazzetta Crocelle). Ora i carabinieri hanno fatto partire un’informativa diretta in Procura. Si cerca cioè di capire se dietro quei «ringraziamenti» al boss possano esservi notizie di reato o, comunque, fatti che necessitano di approfondimenti investigativi. Poco più di un anno fa, a Crispano, la festa dei Gigli fu sospesa per un episodio analogo: nelle strade fu affisso un manifesto attraverso il quale si invitava pubblicamente il boss della zona a celebrare il trentennale della paranza. Malgrado gli episodi oscuri su cui dovranno fare luce gli investigatori, quella di Barra rimane, in ogni caso, una grande festa di piazza, un evento che coinvolge residenti e non in una 24 ore di divertimenti sfrenati. E il diritto al divertimento delle persone perbene è ovviamente qui fuori discussione. Ma tutto questo non può ovviamente impedire che si svolgano accertamenti utili a dissipare i dubbi peggiori. Va ricordato quel che accadde soltanto un anno fa, quando la polizia chiese ed ottenne dagli organizzatori della festa che venissero rinviate le attività che precedono la grande parata. Il motivo? C’era il serio rischio che le celebrazioni coincidessero con qualche tentativo di rappresaglia, a pochi giorni dal ferimento di una bambina di 6 anni al corso Sirena.





martedì 18 settembre 2007

Gomorra - L'abito di Angelina Jolie

Gomorra - L'abito di Angelina Jolie

Mi hanno regalato il libro di Roberto Saviano Gomorra, mi è piaciuto, però, a mio avviso, ad un tratto ha voluto emulare il grande Indro Montanelli, enfatizzando i fatti.

In un capitolo, parla di un abito realizzato per Angelina Jolie in una fabbrica dell'interland nord di Napoli, fino a questo punto non ho dubbi che si tratta di verità, i grandi stilisti fanno realizzare i propri capi a fabbriche della zona. Dirò di più spesso gli abiti da uomo, vengono semplicemente "etichettati", nel senso che il responsabile dello stile, prende il capo prodotto dall'azienda, e apporta delle piccole modifiche: ridisegna le tasche, cambia il bottoni" a volte forniscono loro le stoffe, altre nemmeno quello. Però non si pensi che un abito del grande stilista può essere pagato la quarta parte senza l'etichetta "famosa". Chi realizza i capi di qualità, nella maggior parte dei casi è un'azienda che produce anche con il proprio marchio, e garantisco che quando si entra in una di queste aziende, ci si domanda ma c'è un passaggio segreto verso la Svizzera? Varcando un cancello, si passa dal degrado assoluto, a stabilimenti e uffici, di ordine e pulizia da fare invidia alle aziende della Silicon Valley. Si consideri che gli abiti di qualità, vengono prodotti da aziende strutturate, che pagano i propri dipendenti a contratto e vengo al dunque, i sarti (quando ancora si trovano, sarti veri), sono pagati al di sopra del contratto, pur di sottrarli al concorrente. Logicamente si parla si sarti e quando si parla di sarti, spesso si parla di uno specialista in una lavorazione di un abito, il cosiddetto "sarto completo", spesso supera, come stipendio un buon impiegato della stessa azienda. Quindi mi riesce difficile credere che un sarto che è in grado di realizzare un abito del genere non trovi lavoro regolare molto ben pagato.

Appena posso, racconto degli abiti realizzati per gli sceicchi e per le gli attori delle "notti degli oscar". Tutti fatti veri, garantiti.


Per pigrizia, ho fatto un copia e incolla da:

http://chartitalia.blogspot.com/2006/08/il-vestito-di-angelina-jolie.html

Gomorra - Il vestito di Angelina Jolie

"Io e Pasquale legammo molto. Quando parlava dei tessuti sembrava un profeta. Nei negozi era pignolissimo, non era possibile neanche passeggiare, si piantava davanti a ogni vetrina insultando il taglio di una giacca, vergognandosi al posto del sarto per il disegno di una gonna. Era capace di prevedere la durata della vita di un pantalone, di una giacca, di un vestito. Il numero esatto di lavaggi che avrebbero sopportato quei tessuti prima di ammosciarsi addosso.

Pasquale mi iniziò al complicato mondo dei tessuti. Avevo cominciato anche a fequentare casa sua. La sua famiglia, i suoi tre bambini, sua moglie mi davano allegria. Erano sempre attivi ma mai frenetici. Anche quella sera i bambini più piccoli correvano per la casa scalzi. Ma senza fare chiasso.

Pasquale aveva acceso la televisione, cambiando i vari canali era rimasto immobile davanti allo schermo, aveva strizzato gli occhi sull'immagine come un miope, anche se ci vedeva benissimo. Nessuno stava parlando ma il silenzio sembrò farsi più denso. Luisa, la moglie, intuì qualcosa, perchè si avvicinò alla televisione e si mise le mani sulla bocca, come quando si assiste a una cosa grave e si tappa un urlo.

In tv Angelina Jolie calpestava la passerella della notte degli Oscar indossando un completo di raso bianco, bellissimo. Uno di quelli su misura, di quelli che gli stilisti italiani, contendendosele, offrono alle star. Quel vestito l'aveva cucito Pasquale in una fabbrica in nero ad Arzano. Gli avevano detto solo: 'Questo va in America'. Pasquale aveva lavorato su centinaia di vestiti andati negli USA. Si ricordava bene quel tailleur bianco. Si ricordava ancora le misure, tutte le misure. Il taglio del collo, i millimetri dei polsi. E il pantalone. Aveva passato le mani nei tubi delle gambe e ricordava ancora il corpo nudo che ogni sarto immagina. Un nudo senza erotismo, disegnato nelle sue fasce muscolari, nelle sue ceramiche d'ossa. Un nudo da vestire, una mediazione tra muscolo, ossa e portamento. Era andato a prendersi la stoffa al porto, lo ricordava ancora bene quel giorno. Gliene avevano commissionato tre, di vestiti, senza dirgli altro. Sapevano a chi erano destinati, ma nessuno l'aveva avvertito.

In giappone il sarto della sposa dell'erede al trono aveva ricevuto un rinfresco di Stato; un giornale berlinese aveva dedicato sei pagine al sarto del primo cancelliere donna tedesco. Pagine in cui si parlava di qualità artigianale, di fantasia, di eleganza. Pasquale aveva una rabbia, ma una rabbia impossibile da cacciare fuori. Eppure la soddisfazione è un diritto, se esiste un merito questo dev'essere riconosciuto. Sentiva in fondo, in qualche parte del fegato o dello stomaco, di aver fatto un ottimo lavor e voleva poterlo dire. Sapeva di meritarsi qualcos'altro. Ma non gli era stato detto niente. Se n'era accorto per caso, per errore. Una rabbia fine a se stessa, che spunta carica di ragioni ma di queste non può far nulla. Non avrebbe potuto dirlo a nessuno. Neanche bisbigliarlo davanti al giornale del giorno dopo. Non poteva dire: 'Questo vestito l'ho fatto io'. Nessuno avrebbe ceduto ad una cosa del genere.

La notte degli Oscar, Angelina Jolie indossa un vestio fatto ad Arzano da Pasquale. Il massimo ed il minimo. Milioni di dollari e seicento euro al mese. Quando tutto ciò che è possibile è stato fatto, quando talento, bravura, maestria, impegno, vengono fusi in un'azione, in una prassi, quando tutto questo non serve a mutare nulla, allora viene la voglia di stendersi a pancia sotto sul nulla, nel nulla. Sparire lentamente, farsi passare i minuti sopra, affondarci dentro come fossero sabbie mobili. Smettere di fare qualsiasi cosa. E tirare, tirare a respirare. Nient'altro. Tanto nulla può mutare condizione: nemmeno un vestito fatto ad Angelina Jolie e indossato la notte degli Oscar.
"

mercoledì 29 agosto 2007

Nero versione greca

Triste, molto triste ma atrocemente reale.

Zoccole

Pranzo fra colleghi

Un commensale:
Un amico è stato tre giorni per cacciare una zoccola da casa.

Un altro commensale:
Beato lui, altri hanno impiegato anni per capire che tenevano una zoccola in casa

NDR
"Zoccola" a Napoli viene chiamato il ratto e la compagna infedele

Pizza molto salata

il Giornale
n. 199 del 2007-08-24 pagina 0

Pizza molto salata: 8300 euro a trancio
di Redazione

Un imprenditore della provincia di Como pagherà una fortuna per mangiare venti centimetri di pizza. Una pizza speciale, però, la "Louis XIII", con ingredienti di altissima qualità

Como - Un insulto alla fame nel mondo. Così i vip comaschi definiscono la folle spesa di un facoltoso imprenditore della provincia di Como che ha deciso di spendere la bellezza di 8.300 euro per venti centimetri di pizza che mangerà a fine settembre dopo aver pagato il 25% di acconto. Si tratta di una pizza del tutto particolare e con ingredienti costosissimi "ma questo non toglie - dice il presidente della Provincia, Leo Carioni - che sia un’offesa al buonsenso e a tutti quei bambini che crepano di fame ogni giorno in giro per il mondo. Io quei soldi li avrei devoluti in beneficenza proprio per aiutare quei bambini, non per un pezzo di pizza". Chi sia l’imprenditore non è possibile saperlo "per questioni di privacy", spiega il pizzaiolo che fra un mese raggiungerà il comasco per preparare quel fazzoletto di pizza. Si sa che è uno dei due ricconi lombardi (l’altro è milanese) che ha prenotato il trancio online tramite il sito di Renato Viola, giovane pizzaiolo di Agropoli (Salerno) che ha inventato la "Louis XIII", sicuramente la pizza più cara al mondo. "Non di un prezzo esagerato - si difende Renato - se si considera il costo dei prodotti esclusivi e di alta qualità, con un piccolo ricarico per pagare i miei due collaboratori e garantirmi un minimo margine di guadagno".

Ingredienti speciali Cosa ha di speciale questa pizza? Di sicuro gli ingredienti: caviale, aragosta, mozzarella di bufala e cognac. Da gustarsi accompagnata da un eccellente Krug, il piu costoso degli champagne. Non inganni la modestà mozzarella di bufala campana: è dop e salata con un particolare, quanto raro, sale rosa australiano (si chiama Murray River) "insostituibile per il suo sapore" e dal quale vengono scelti "solo i fiocchi migliori dopo attentissima selezione".

Nella pizza vengono messi tre tipi diversi di caviale: uno storione caspio-danubiano di cui è vietato pescare più di cento esemplari all’anno, uno storione iraniano e un "Oscietra reale prestigio" che al chilo costa più di una Roll Royce; l’aragosta è una "Palinurus Elephas", la più pregiata delle tre specie presenti nel Mediterraneo e i gamberoni sono cilentani. Ma anche il cognac non è dei più scadenti: "Si tratta di un Louis XIII Remy Martin da collezionisti. Il meglio al mondo", garantisce il pizzaiolo. Poi c’è il brandy: Cardenal Mendoza Carta Real in bottiglia esclusiva, numerata e serigrafata, con etichetta ritoccata a mano e presentata in confezione metallica dai toni color oro.

Nel prezzo è compreso anche il servizio a domicilio. Infatti l’imprenditore riceverà quel giorno non solo Renato Viola ma anche uno chef e un sommelier. "Dopo aver servito il cliente comasco - sottolinea Viola - andrò da quello milanese. Da quando ho inventato questa pizza mi chiamano da tutte le parti del mondo. Quando vado a New York sono costretto a farla pagare anche 15mila euro".

martedì 31 luglio 2007

Spam & phishing

Quotidianamente ricevo sulla casella di posta di messaggi spam & phishing, mi propongono, dalle copie di orologi passando ai farmaci (antidepressivi e Viagra), fino a prodotti miracolosi per cambiare i miei caratteri sessuali primari, insomma uno di tutti, ma quelli che più mi divertono sono i messaggi phishing. Posso comprendere (ma non giustificare) chi cade nella tentazione di un "vero falso" Breguet, del resto l'importante è apparire, ma c'è veramente chi compra prodotti per applicazione esterna (creme), ufficialmente realizzate con grasso di tigre (e già sarebbe è una condizione per me inaccettabile), nella pratica, probabilmente, confezionati in Cina con rifiuti esportati dall'Italia, o ancora peggio c'è veramente chi si azzarda a comprare farmaci di dubbia provenienza? Poi il massimo sono i sistemi per catturare le password dei conti online, mi fanno impazzire. Mi domando, chi ha un conto online, ha anche un minimo di dimestichezza con l'informatica, seppur da utente, ed immagino che è in grado di saper leggere e scrivere in italiano, con un messaggio come quello di sotto, quanto fesso deve essere chi ci cade? Vero è che a Napoli si dice: "a mamma r'è fessi è sempre incinta", ma penso che è più facile vendere la fontana di Trevi su e-bay piuttosto che riuscire a carpire una password con questo metodo.


Caro membro di Banca Intesa,

Per i motivi di sicurezza abbiamo sospeso il vostro conto di operazioni bancarie in linea a Banca Intesa. Dovete confermare che non siete una vittima del furto di identitа per ristabilire il vostro conto.

Dovete scattare il collegamento qui sotto e riempire la forma alla seguente pagina per realizzare il processo di verifica.

https://www.bancaintesa.it/verifica_profilo/index.htm

Li ringraziamo per la vostra attenzione rapida a questa materia. Capisca prego che questa и una misura di sicurezza progettata per contribuire a proteggere voi ed il vostro conto. Chiediamo scusa per eventuali inconvenienti.

Francamente, Reparto Di Rassegna Di Conti Di Banca Intesa

Non risponda prego a questo E-mail. La posta trasmessa a questo indirizzo non puт essere risposta a.

© Intesa Sanpaolo 2007 | Partita IVA 10810700152 |

N.B. a parte che il link punta ad altro indirizzo, in ogni caso non https, ma con i soldi che spendono in marketing le aziende di credito, è credibile un messaggio del genere?

sabato 14 luglio 2007

It's raining cats and dogs....

Nel giardino dei miei amici prima è "piovuta" una gattina, che si aggiungerà a Lucio, Mary e Randy (quest'ultimo di razza canina), ma purtroppo in tutta la Carnia, nella notte tra il 9 e il 10 luglio, si è avuta una spaventosa grandinata (per chi ne ha voglia un bel fotoreportage: http://forum.meteonetwork.it/showthread.php?t=57724)
Qui sotto ci sono la nuova arrivata, e le foto dei danni ricevuti. In controluce, si distingue il mio amico Umberto che smonta il vetro di un lucernaio. Per par conditio, se Elena me lo permette, inserirò anche una sua foto.
Per terminare il dolce che ho mangiato oggi (la gubana, dolce di Cividale del Friuli), regalo di Elena e Umberto nell'ultima occasione che ci siamo incontrati




venerdì 13 luglio 2007

Radio "libera" a Ercolano

IL MATTINO


12 giugno 2007


«Un bacio ai miei figli»: alla radio il codice del boss


AMALIA DE SIMONE

«Mettetemi la canzone "Libertà". Dedicata tutta a mio fratello Gianni. Fa piacere che si trova sotto alla stella di Napoli». Così dalla frequenza 90.10 Mhz, rigorosamente pirata di Radio Nuova Ercolano, Vincenzo Langella, dava a Giovanni Birra, tramite il dj di turno, Mario, il benvenuto nel giorno del suo trasferimento al carcere di Secondigliano. Langella, tra i 54 affiliati alle cosche ercolanesi arrestati ieri dai carabinieri delle compagnie di Torre del Greco e Ercolano, è il principale protagonista delle trasmissioni di questa sorta «radio clan», l'emittente più ascoltata dai padiglioni di Poggioreale e Secondigliano. Il suo nome in codice era «papà buono» e le sue incursioni radiofoniche servivano a tranquillizzare i detenuti sul fatto che lui non avesse dimenticato i suoi «confratelli» («Lascio un bacio a tutti i miei figli - urlava Langella via radio - tutto passerà»; li incoraggiava: «Metti la canzone di Franco Moreno "Il bello della vita"») e soprattutto, attraverso la dedica di brani musicali, inviava messaggi a tutta l'organizzazione. Quello di utilizzare la radio infatti era il mezzo più semplice e meno rischioso per convocare affiliati, dare appuntamenti, inviare notizie sulle attività della cosca ai reclusi («Questa dedica è per la stanza 88») e talvolta anche sbeffeggiare gli avversari. Le canzoni più gettonate erano quelle con i titoli più adatti al linguaggio in codice: «Mettimi la canzone di Chanel "Ventiquattro»: il numero era un’indicazione su qualche quantità (droga?) o un orario da comunicare a un affiliato. Oppure: «Voglio ascoltare "Appuntamento alle nove", il brano di Pino Mauro», la chiara comunicazione di un appuntamento. Il proprietario della radio, anche lui finito in manette nell'operazione congiunta del commissariato di polizia di Portici e dei carabinieri (guidati dal maggiore Fabio Cagnazzo) era Vincenzo Oliviero: l'editore della camorra aveva a disposizione una squadra di tecnici e disc jokey e spesso interveniva in trasmissione: «Metti una canzone bellissima per tutti i... figli miei, ihà! "La Miseria di Napoli"!». Il lavoro di ascolto da parte degli uomini coordinati dai comandanti Ferruccio, Montorsi e Di Florio, hanno permesso di ricostruire che l'emittente abusiva Radio Nuova Ercolano era utilizzata per svolgere una sorta di servizio di recapito di messaggi del clan. Oliviero, per finanziare l'emittente, imponeva il pagamento della somma di 10 euro, condizione alla quale tutti gli ascoltatori interessati ad intervenire nel programma per l'invio di saluti o dediche erano obbligati a versare. I soldi delle «quote associative», necessari per poter mandare dediche tramite Radio Ercolano, risultavano poi amministrati dalla figlia di Oliviero. È così che la camorra comunicava: niente pizzini, via libera alla tecnologia. L’emittente pirata, che ieri è stata definitivamente oscurata, era già stata chiusa a più riprese dalla polizia postale. Eppure i boss trovavano sempre una frequenza per riprendere le trasmissioni.

sabato 7 luglio 2007

Madama Butterfly a Ercolano

Ieri, sono stato ad assistere alla rappresentazione di "Madama Butterfly" in Villa Favorita a Ercolano.
Tra gli spettatori, devo ammettere con understatement, c'era anche il Ministro Luigi Nicolais, il Sindaco Nino Daniele, ha parlato, devo dire la verità Ercolano è una città indefinibile, ma il Sindaco a parte le frasi di circostanza ha detto: "con queste iniziative, si combatte il degrado".
Si è vero, quando una città vive, il degrado viene arginato, il degrado è coinvolgente, abbatte i labili argini a fare peggio, non si ritira la spazzatura: vengono buttati frigoriferi per strada, c'è un ingorgo: la circolazione si espande ai marciapiedi, in un locale si parla a voce alta, ci sarà chi inizia a ruttare e così via sempre peggio.
Invece, vale la pena una passeggiata (di mattina, aperta) a Villa Favorita, è Ercolano per il parco e per la villa, ma socialmente è aliena da Ercolano, sarà impresa difficile trovare una carta lungo i viali, o dei bambini che urlano, la vigilanza attenta, la pulizia efficiente, le persone, vi garantisco anche poco rassicuranti (uomini con catene d'oro che, ai più, provocherebbero una scoliosi, donne vestite di nero per i mariti "morti sul campo" e così via), si comportano come se stessero in un parco di Bressanone.

Insomma, è vero, così si combatte l'abbrutimento e il degrado.

mercoledì 4 luglio 2007

Musica, olio e amicizia

Capitano a chiunque le giornate “no”, diciamo con “i laps a quadrigliè”, ma quando capita di domenica è peggio, non vorresti alzarti, complice la giornata festiva. Ma a me, puntuale come un treno svizzero, arriva la telefonata del mio più caro amico, Giovanni, già al mio pronto, ha capito che non sono dell’umore giusto, allora subito con il cordless in mano si precipita al pianoforte ed inizia a suonare e cantare per me, l’ultima volta ha eseguito dei pezzi di Bruno Martino, da lui definito il Re del night, penso che nemmeno la donna più affascinante riesca ad avere simili attenzioni, così disinteressate e passionali allo stesso momento, l’amicizia è come la luce, ai nostri occhi è bianca, incolore, ma se la osservi nel modo giusto è uno spettro di sfumature di colori.
Giovanni, ultimamente mi ha regalato dell'olio del Cilento.....

mercoledì 27 giugno 2007

Amicizia

“Può forse una distanza materiale separarci davvero dagli amici?
Se desideri essere accanto a qualcuno che ami, non ci sei forse già?”

Nessun luogo è lontano
Richard Bach

Non ho avuto amici in quantità, ma in qualità, logicamente negli amici non annovero le conoscenze e le frequentazioni, che per lavoro ne ho veramente tantissime.
Ho un approccio particolare all'amicizia, per me è come il colpo di fulmine, le mie migliori amicizie sono iniziate immediatamente grandi, una volta mi disse un commerciante di abbigliamento, non capisco perché individui sempre gli oggetti più costosi e parliamo di un negozio vecchio stile, dove oggi un pò meno (il popolo questo vuole), i capi e gli accessori costavano perchè sono e non perché sono fatti da.... Per gli oggetti, sono appagato da tatto vista e olfatto, ma ne parlerò in un post a parte, per gli amici, non saprei dire cosa succede, quando sono fuori dalla mia città faccio variazioni al percorso considerevoli, se sò che posso portare qualcosa di particolare a chi mi è caro, un lonzino o un caciocavallo, una bottiglia di olio o di vino, un panello di mandorle o qualsiasi cosa possa fare brillare la vista di chi lo riceve, mi entusiasma scovare cose inconsuete, così è con le amicizie, una nuova amicizia è un'altra vita vissuta.
Mi è capitato prenotare un appartamento, capendo dalla telefonata che dall'altra parte c'era una persona speciale e che saremmo diventati amici, infatti così è stato.
Giovanni, occhi azzurri e sguardo talassico, abitavamo a pochi passi, non ci eravamo mai sfiorati, in un'attimo abbiamo scoperto una vita comune, mai vissuta, ma probabilmente esistita, è capace di chiamarmi un'ora dopo che ci siamo visti, ma la domenica mattina è sacrosanta, mi chiama e dal mio pronto già è al corrente del mio stato d'animo.
Le amiche sono un pianeta, anzi un firmamento a sè, e ho delle supernova, con una di loro, quando chiamo al telefono, non dico mai pronto, ma, alterando la voce, che sò: "sei impegnata questa sera?". Ma inevitabilmente mi riconosce, ride e iniziamo a parlare, a un'altra amica, mi basta dire: "pronto", lei inizia a ridere, o ancora dalla terra di Socrate, c'è un'amica che conosce il mio stato d'animo in base alle mail. Le mie amiche sono tutte donne incantevoli, hanno tutte una dote straordinaria, ognuna di loro è prima in qualcosa e spesso seconde in tante altre cose, penso però che un fil rouge c'è ed è la sensibilità, tutte indistintamente sono di una sensibilità straordinaria, poi quando ricevi da una di loro un regalo inaspettato (non parlo di valore venale, ma di un regalo che comunica qualcosa, come nel post pane olio e...) allora pensi che la magia esiste e si chiama amicizia.
Con gli amici amo scherzare, ne faccio di tutti i colori, uno scherzo che mi è riuscito più di una volta (con Giovanni) è stato questo.
Lui mi chiama al telefono con saccenza, inizia a parlarmi di un argomento particolare sfidandomi sulla conoscenza, sicuro di trovarmi impreparato, che sò se ne viene: "che ne pensi del pensiero debole", io fingo di ascoltarlo, tanto lo so già che continua a parlare, io avendo il pc a portata di mano, inizio a cercare, appena lui si ferma, inizio: "dal punto di vista etico il pensiero debole parte dall'affermazione che non può esistere un unico faro morale, questo sarebbe infatti una forma di dominio e di violenza di un solo aspetto della realtà sugli altri. Se la violenza è da sempre il prodotto di verità dogmatiche..........."
Logicamente è riuscito due o tre volte, perchè spaziando dalla filosofia alla fisica, ha intuito (forse complice il ticchettio della tastiera) l'origine del sapere. Adesso mi sfida solo quando è sicuro che mi sono appena alzato.

martedì 26 giugno 2007

Il mio micio


Fin da bambino ho avuto un trasporto per gli animali, in particolare per cani e gatti. Purtroppo non ho mai condiviso la mia casa con un cane, però da ragazzino, riuscii a convincere mia mamma a tenere un gattino trovatello, che presentai a mia mamma tenendolo a schiena sotto nella tasca sul davanti del Kway.
Il patto prevedeva che il gatto non sarebbe mai salito in casa, avrebbe avuto la sua cuccia, lettiera e cibo nell’autorimessa. La porta basculante fu opportunamente modificata, con uno sportellino oscillante, in modo da consentire all’amico impellicciato le libere uscite, si sa i gatti sono indipendenti, come si sa che le promesse dei ragazzini sono da marinaio, e le mamme, anche se di stampo teutonico, sono sempre mamme. Così le regole concordate, man mano, mutarono, come cambiavano nella “Fattoria degli animali” di Orwell. Infatti il gatto era inizialmente accolto in casa in mia presenza, poi nelle ore diurne, poi nelle notti di temporale, insomma via discorrendo su deroghe varie. Il nostro, divenne sempre più un gatto di casa, certo la sua permanenza nelle comode e protette mura domestiche era “sudata”, infatti stare dietro le attenzioni mie e di mio fratello era dura. La passione di mio fratello erano le orecchie, il mio fratellino, amava carezzare con le dita queste appendici di caldo velluto, io invece amavo carezzare il petto, dove c’è un pelo folto e morbido che le dita affondano avvolte di calore. Ciò che non dimenticherò mai sono le giornate invernali, con il gatto sulle gambe che fa le fusa, poche situazioni sono più rilassanti.
Il mio gatto, amava lottare con i piedi della libreria nello studio di mio padre, scolpiti a forma di zampe di leone, inseguire oggetti ai nostri occhi invisibili o tendere attentati a mia madre o mia nonna, si metteva dietro la porta della cucina, e al passaggio di una delle due, “paccheriava” con le zampette anteriori le gambe della malcapitata.
Anche il pasto era sudato, infatti quando eravamo in casa, mia madre preparava del pesce lesso per il micio, noi lo prendevamo in consegna, dopo averglielo fatto annusare, scappavamo lungo il corridoio svoltando velocemente in cucina. Il gatto per inseguirci, istintivamente tendeva a curvare “frenando”, ma il gatto rallenta, estraendo le unghie e queste sui pavimenti ceramici, non hanno nessun attrito, quindi puntualmente sbatteva in derapata contro la porta.
Logicamente, alle deroghe, c’era comunque l’accordo di portare il gatto presso la sua lettiera, ma un giorno, presi dal gioco e dalla presenza di amici, non capimmo in tempo il lamenti del micio, che in linguaggio gattesco, comunicavano gli ordini inderogabili dall’interno. In conclusione, il poverino la mollò, ma in un posto ai suoi occhi discreto: dietro un carillon, piccolo particolare c’era una presa elettrica, improvvisamente sentimmo una botta tremenda, un miaooooooooo, e una puzza di ammoniaca terribile, oltre ad essere rimasti al buio. Il micetto aveva mollato sulla presa la pipì, ottimo conduttore di corrente, con una immediata vaporizzazione del liquido.
Il gatto da allora non ha mostrato più interesse per le gattine, ma nell’immediato, dopo aver pulito il tutto (prima che venisse mia madre), rimase questo olezzo penetrante, scavando in casa, trovammo un insetticida, che provvedemmo a riversare in ambiente. Quando mia mamma tornò, logicamente, sentì questo tanfo derivante da un’immonda fusione di “odori”, noi ci dilettammo nell’illustrare un’invasione di moscerini (in pieno inverno), di conseguenza l’utilizzo dell’insetticida, ma mia madre subito disse: “il gatto ha fatto la pipì in casa”. Non ha mai preteso tutta la verità, in compenso si convinse a tenere una lettiera a porta di “zampe” su di un balcone. Cosa si fa per i figli……..
P.S. nella foto Lucio, poi tanti amici hanno o condividono la passione per i gatti, elenco alcuni nomi, anche di gatti miei: Cadisia, Aramis, Diesis, Magie noir, Rosa Luxemburg, Nerone e rossetto (per i colori), Pinocchio, ma il più singolare rimane quello attribbuito da ragazzini in un quartiere popolare di Napoli: mezza recchia, infatti il micio in questione, ha perso, forse durante un combattimento, un pezzo di orecchio, ma a Napoli ha anche un altro significato.
Dedicato a chi contribuisce alla mia insonnia.

domenica 24 giugno 2007

Profumo di bosso


Alcuni anni addietro, ero per lavoro in un parco secolare di una villa nobile a Napoli, zona Capodimonte.
Fceva freddo, come raramente capita in questa città, il lavoro era noioso. A un certo punto sentii un odore che mi provocò una stretta allo stomaco, quella sensazione che quando sei ragazzino, provi incontrando la tua amata. Non realizzai immediatamente, poi capii che era l’odore del bosso.
Questa siepe decora tutt’oggi la villa di Narcisa, tra i colli a nord-est di Udine.
Sono stato ospite per lunghi indimenticabili periodi, e tutt’oggi sono ospite di una figlia, Elena, a pochi metri, (una supernova nel mio firmamento). Narcisa, quando ero bambino, mi portava nella notte, insieme alle figlie, e a mio fratello, dietro i finestroni della villa ad osservare i temporali estivi, molto violenti in quelle zone. Così spiegandoci come si calcolava, approssimativamente, la distanza del fulmine, o tante altre cose del temporale, ci permetteva di vincere la paura.
Narcisa è una persona di una semplicità e di una cultura vastissima, nelle sue (pochissime) ore libere, soprattutto per l’insonnia, ha sempre letto di tutto, in italiano, in inglese e tedesco. La sua casa era un crocevia di etnie, mi ha insegnato le peculiarità di ogni cultura, quindi educato alla tolleranza.
Ha rafforzato il mio amore per gli animali, e in particolare per i cani, mi ha insegnato come i cani anticipavano di alcuni secondi l’arrivo della scossa di terremoto, o come il loro istinto di tutela del gregge, li portava a raggruppare noi bambini indisciplinati, convinti a non camminare in gruppo, dandoci degli innocui morsetti alle caviglie.
Narcisa è stata una cuoca “colta e raffinata”, una persona che la cucina la praticava, non ne discettava. Ricordo ancora, quando leggeva le recensioni dei ristoranti blasonati, suo malgrado frequentati, per ragioni diplomatiche, esplodeva in delle risate “liriche”, come fa tutt’oggi. Può preparare una zuppa d’orzo con l’affumicato, il cui odore permarrà nel naso a vita, ma ama e conosce tanto della cucina napoletana. Preparava dal pasticcio di lasagne, con la cura con cui si fascia un neonato (e qui Elena non è da meno), alle confetture con i frutti del suo giardino. Appena finito di cucinare, intratteneva gli ospiti delle più svariate nazionalità. Noi bambini ci intratteneva con le storie della sua infanzia vissuta con le responsabilità di una donna adulta.
Ha affascinato i miei nonni, i miei genitori, me ed oggi affascina i miei figli. Diceva mia nonna; “se esistessero più Narcisa, il mondo funzionerebbe meglio”. Mia nonna è morta vecchia e saggia.
L’amore e la predisposizione per la cucina, per quanti conosca, sono eguagliati da Elena e mia suocera.

giovedì 21 giugno 2007

tre civette sul comò



























A Napoli e dintorni, la civetta è considerata di cattivo augurio (malaugurio), sembra perché la civetta si trova dove ci sono veglie funebri. Questo perché durante le veglie funebri, di notte si tengono le luci accese, dove ci sono luci, ci sono insetti, quindi cibo per le civette. N.B. nelle foto gufi e civette.

mercoledì 20 giugno 2007

Profumo di pane, olio e amicizia

Prendo spunto da un omaggio ricevuto oggi: olio e pane cotto nel forno a legna, dal profumo immagino a fascine. Non olio qualunque, olio extra vergine prodotto in proprio. Entrambi provenienti dalla provincia di Avellino.
Gli oli di oliva mi piacciono quasi sempre, non gradisco i calabresi dal gusto piccante, normalmente lo compro in provincia di Cosenza, a Cariati presso le fattorie Greco (fattorie@fattoriegreco.it), una delle aziende produttrici di olio Biologico più grandi della Calabria. L’azienda si estende su una superficie di circa 1.500 ettari di cui 1.250 ettari coltivati ad uliveto.
Coltivano le piante (hanno 200.000 ulivi, sculture naturali, bellissime), e provvedono alla produzione dell’olio.
Prendo sempre la produzione biologica, e alcune bottiglie di San Tommaso, prodotto con i frutti colti a mano, in modo da evitare qualsiasi danno alle olive, ottenendone un olio a bassissima acidità.
Non ho resistito, ho preso un piatto, affettato il pane e messo l’olio e mi domando se chi sostiene che certi prodotti da forno industriali sono buoni, ha mai provato pane e olio? Certo, nel caso specifico ero al top, ma in tanti posti, soprattutto al sud si trova pane buonissimo, io impazzisco per quello di oggi, di forma tonda (prodotto in provincia di Avellino e Benevento, lo compro al panificio Preziosi di S. Giorgio del Sannio), per il pane prodotto nella zona vesuviana (S. Sebastiano ed Ercolano), il cosiddetto “palatone”, mi piace tantissimo anche il pane di Cutro (in provincia di Crotone), ma mi piacciono altrettanto i pani neri con i vari semi prodotti in Alto Adige, logicamente questi ultimi, vanno mangiati con i salumi, ma alcuni non li disdegno con le confetture di frutti selvatici, o la marmellata di arance amare.
Tornando all’olio ricevuto in regalo, ha dei colori bellissimi, e un profumo delicatissimo, certo poi ricevere un olio prodotto in proprio è bellissimo, lontanamente è come ricevere un invito per una cena a casa invece che essere portati al ristorante. Un olio prodotto in proprio, al pari del vino ha dentro l’amore, la dedizione il sacrificio, infatti chi mi ha pensato, ne ha parlato con orgoglio, narrandomi, che era una passione del papà, e tutt’oggi, le olive vengono portate al frantoio (logicamente premute a freddo), il giorno dopo la raccolta, proprio per ottenere un’acidità bassa.Insomma come ho già avuto modo di dire le mie amicizie sono un firmamento, ma tra le stelle ci sono delle supernova.

martedì 19 giugno 2007
















Le immagini non hanno bisogno di commenti.

domenica 17 giugno 2007

Lirica in Villa Favorita a Ercolano


















Villa Favorita, fa parte delle ville vesuviane, è stata completamente restaurata, insieme al parco, è quasi aliena dalla città, pulita ordinata, il verde curatissimo, sorveglianza costante ed efficiente, nessuno che alzi la voce o si permetta di gettare una carta. Gode dell'extraterritorialità?
Anche quest'anno, Villa Favorita sarà sede di rappresentazioni liriche, l'anno scorso, ci sono stati problemi, cioè posto unico senza assegnazione, si sa gli italiani e i napoletani non sono tagliati per l'ordine e per le file, poi i politici in comuni così sono ras, ecco che nonostante arrivavi per primo, tanti posti erano già occupati, indovinate da chi.... Persone che confondono un'aria con i neomelodici (pensandoci bene preferiscono questi ultimi, ma è così chic presentarsi di sera a un concerto lirico). Per fortuna questa stagione cambia: posti numerati e assegnati........... Complimenti agli organizzatori per la disposizione del palco (la brezza che viene dal mare, rinfresca gli spettatori e favorisce l'ascolto), per i posti numerati e al personale di Villa Campolieto, tra l'altro gentilissimo.

Cerimonie a Napoli

Scena: lungomare di Napoli, intravedo un qualcosa di prossimo ad un set cinematografico, cameraman, fotografo, assistenti con tanto di schermi riflettenti e flash, osservo bene e mi sembra di intravedere una sposa, penso a un servizio di moda, mi soffermo, la sposa è molto piccina, sarà di statura bassa? No, non è una sposa, è una bimba, che sta posando per il book fotografico della sua prima comunione.
Logicamente anche i festeggiamenti e le bomboniere non saranno da meno. Vediamo.
Per i festeggiamenti si possono raggiungere i 200 invitati, con una spesa che parte dai 40 Euro per locali che servono pietanze cucinate all'esterno della struttura, fino a 200 Euro per i locali più blasonati (dove io non berrei nemmeno un bicchiere di acqua), alla spesa pro capite, è d'obbligo aggiungere i cantanti (i suoni), possibilmente neomelodici, e si dovrebbero vedere questi "cerimonifici", sono sale tipo capannoni, modulari, con divisioni mobili, quindi ci si trova a sentire musiche a palla di due o più cerimonie (già il cibo è digeribile quanto il silicio, poi quella mix musicale di pumf pumf, fa il resto), ma il bello non finisce qui, perché l'essenziale in queste cerimonie non è la qualità ma la quantità, infatti l'espressione tipica è: "hai visto quanta roba si è buttata?" Logicamente il vino non è da meno, fiumi di "bevande al gusto di vino" con etichette tipo "Scugnizzo di Gragnano", che sembrano uscite dalla Henkel piuttosto che da una cantina, con gli stessi effetti gli stessi del vino: persone sdraiate, addormentati su divani stile Luigi XVI (sembrano in legno intagliato, ma se c'è un incendio, non bruciano si "squagliano"), balli tribali con tanto di salto sulle braccia dello sposo e della sposa (che frequentemente, date le altezze ridotte danneggiano i controsoffitti) uomini che hanno gilet passibili di sanzioni per armi improprie (vanno tanto stretti che se partono i bottoni sono raffiche di mitra), signore vestite come Biancaneve, ragazzi con gessati a 7 bottoni, collo alla coreana e Nike al piede.
Per gli uomini è d'obbligo l'anello con la testa di leone completa di brillante in bocca, orologio d'oro (bracciale compreso). Tra i giovani il Rolex è il must (anche falso va bene). Adesso tra maschi e femmine spopola un braccialetto elastico, composto da tante tesserine in similegno, con le effige di vari Santi.
Per le bomboniere, è d'obbligo la preghiera con la foto della bimba che riceve la prima comunione, la scatola con le iniziali e la chiusura magnetica, l'oggetto vero e proprio può essere d'argento in finta ceramica, cioè in una resina molto Kitsch, spesa per una bomboniera dai 5 Euro (confezionata in casa) fino ai 50-60 Euro.
Per i matrimoni il must è l'arrivo degli sposi in elicottero e d'obbligo lo spettacolo pirotecnico finale.

venerdì 15 giugno 2007

Spoleto



Trovandovi a Spoleto, non mancate di visitare la chiesa di S. Brizio.
































mercoledì 13 giugno 2007

Locali a Napoli

Quando scelgo un locale per mangiare, ovunque mi trovi, il primo impatto è estetico. Non che desideri locali di tendenza, chic realizzati dall'architetto di grido, tutt'altro. Ma purtroppo molto spesso vedo locali di una tristezza unica, controsoffitti in cartongesso o in doghe di alluminio, costruzioni abusive, che sembrano favelas, ma ti presentano un conto prossimo a quello dell'Enoteca Pinchiorri. Ma ciò che non mi spiego è questo, in Alto Adige, anche nella malga gestita da contadini nel posto più sperduto, dove anche il pavimento è un lusso, c'è decoro, ci trovi delle tendine, gli attrezzi da lavoro appesi dove si mangia, ma in ordine.
Quella che vedo diffusamente, un poco in tutta Italia, la chiamerei sciatteria.

taglie dei bambini e delle mamme

Sarei curioso di leggere un parere scientifico sull'argomento: quando le giovani mamme comprano abiti per i propri figli, orgogliose mostrano che il pargolo ha 6 mesi, ma "veste" 9 o più mesi, logicamente indica una sana e robusta crescita. Mi viene un dubbio è una strategia di marketing? E se così fosse perché non fanno una linea femminile che arrivi massimo alla taglia 42, con scala inversa a quella dei bimbi, così con lo stesso orgoglio del figlio "oversize", possono mostrare una loro "ideal size".

male in naples: Barbera beneventano

male in naples: Barbera beneventano

www.gallomatese.com

Barbera beneventano


Molti anni fa, mi sono trovato per lavoro a Faicchio, paesino in provincia di Benevento. Quando vado in questi posti, amo portare a casa specialità locali, in quella volta, sono partito da casa con due fusti da 30 litri, per comprare del vino. Chiesi alle persone dove mi trovavo per lavoro dove avrei potuto comprare del vino, loro prontamente mi chiesero quanto me ne serviva, capii, me lo avrebbero regalato, allora nicchiando, risposi che volevo comprarne una bottiglia, giusto per provarlo, infatti, mi omaggiarono di due bottiglie. Andando via, riproposi la domanda, loro: "scendendo, a Massa di Faicchio, c'è la cantina sociale". Infatti andai a Massa di Faicchio, chiesi informazioni, ad un anziano signore, lui mi rispose con una domanda: "che dovete fare", io: "devo comprare del vino", lui: "oggi la cantina sociale è chiusa, ma quanto vino Vi serve?” Pensai: “un’altra volta questa domanda, e risposi 30 litri", lui: "girate la macchina che ve lo do io".
Sono tanto timido, che non riuscii a dire di no, lui cogliendo la mia incertezza, cercò di rassicurarmi spiegandomi che lo produceva lui con la sua uva, piante di barbera insediate su dei terrazzamenti lungo questa montagna beneventana, me lo avrebbe fatto pagare meno della cantina sociale, pur essendo a quel punto terrorizzato (da napoletano pensai subito a una sola ovvero una truffa), non ebbi il coraggio di rifiutare quel vino, del resto non rischiavo troppo economicamente, se non ricordo male pagai 36.000 lire (1.200 lire al litro, molto meno di un litro di benzina!), più che altro ero terrorizzato a berlo.

Rischiai, il vino era buonissimo, parafrasando Giorgio Gaber, era un uomo che voleva vendere (onestamente) solo del vino.

martedì 12 giugno 2007

Vomero Vs. Corso S. Giovanni a Teduccio

Oggi percorrevo Corso S. Giovanni a Teduccio, il corso che collega Napoli ai paesi Vesuviani: Portici, Ercolano e Torre del Greco. Pensavo, se fossi una persona venuta a Napoli, senza conoscere nulla, tra il Vomero e Corso S. Giovanni a Teduccio, non avrei dubbi sceglierei il secondo, piccolo particolare le case al Corso, costano la quarta parte o meno del Vomero.
Il Vomero è un agglomerato di palazzoni, senza forma in stile liberty(no) (ognuno ha dipinto la sua porzione di balcone, installato cancellate di forgia diversa, realizzato verande nei colori e nelle finiture più disparate, anche sullo stesso piano) che si adagiano su una collina tagliata da viuzze senza parcheggi. Corso . Giovanni a Teduccio, cammina parallelo al mare e vi sono molti palazzi signorili, ex case di villeggiatura del settecento.
Regole del mercato, tutti vogliono il Vomero.
Ma un paradosso ancora più particolare è via Toledo a Napoli, su via Toledo gli immobili vengono venduti anche a 10.000 Euro/mq, appena alle spalle, la cifra è un terzo/un quarto: si è nel pieno dei quartieri spagnoli.
Idem per Santa Lucia, stesse differenze tra S. Lucia e Pallonetto a S. Lucia.

lunedì 11 giugno 2007

Treni

Sono una persona di media cultura e di media intelligenza, oggi ho preso la metropolitana da piazza Cavour a Napoli, viene annunciato che è un treno regionale ed effettua servizio metropolitano, effettuando tutte le fermate. Quindi penso mi conviene di scendere a Gianturco, il treno non ferma a Gianturco, penso poco male, scendo a Torre del Greco (effettua servizio metropolitano, non ha fermato a Gianturco, ma Torre del Greco è una città di 100.000 abitanti), faccio una commissione, e torno a Napoli, bene non ferma, poi penso alle elezioni proprio a Torre del Greco, c'è il ballottaggio per il sindaco, ormai le urne sono chiuse, chissè chi sale? Poi torno in me e penso ancora: "chi sale sale, basta che non sale il controllo che sono senza biglietto", nelle more delle mie divagazioni, viene effettuata la prima fermata, Torre Annunziata, vado in stazione e chiedo il primo treno per Torre del Greco, mi dicono l'orario, acquisto il biglietto, il treno viene annunciato con l'indicazione che effettuerà tutte le fermate intermedie fino a Napoli, il treno non ferma nuovamente a Torre del Greco, torno a Napoli......
Dimenticavo, nella stessa condizione eravamo tre persone, allucinazione collettiva?

domenica 10 giugno 2007

Autobus e tram a Napoli

Link dell'immagine: www.alfonsomartone.itb.it/iqgpzc.html















Circa quindici anni fa, ero al cimitero di Poggioreale, capolinea della linea 1 del tram, chiedo a un tramviere: "gentilmente, a che ora parte il tram?", lui: "più tardi", io chiedo di nuovo, ma la risposta rimane invariata. Insomma il tram partì quando ne aveva voglia il conducente.
A questo proposito mi hanno raccontato un episodio simile: una signora, sempre a Napoli, sale in autobus e rivolgendosi all'autista: "sono due ore che aspetto!". L'autista: "Signò, tenevamo un appuntamento?".

Scuola, Gramellini e Platone

Ho avuto incarico di intervenire in 4 scuole superiori (4° e 5° anno), per parlare, a grandi linee (in circa 20 minuti), di sicurezza nei cantieri edili

Non frequento la scuola da tanto, le ultime volte, circa 20 anni or sono, come insegnante.

Sono rimasto dell'abbigliamento scolastico, nulla di più di quanto vedo per strada. Ma osservare ragazzi che si presentano in un'aula con cappellini dotati di visiera, occhiali da sole e bermuda, stesi sulle sedie, mi ha lasciato, come oggi si usa dire, basito. A cosa servono cappellino con visiera e occhiali da sole in classe? Non credo che rappresenti ciò che era una volta l'eskimo, forse oggi, se nascessero nuovi contestatari, per distinguersi, dovrebbero presentarsi a scuola vestiti in giacca e cravatta.






9/6/2007

Il bullo e l'aguzzina

BUONGIORNO

di MASSIMO GRAMELLINI

Va bene mandare i professori in galera, ma non si farebbe prima a chiudere le scuole? Luoghi antiquati in cui sopravvivono esemplari come l’insegnante siciliana che ha costretto un allievo a scrivere sul quaderno per cento volte «Io sono un deficiente». Fortuna che c’è un giudice, a Palermo, e ha chiesto due mesi di carcere per l’aguzzina. Sì, chiudiamole, queste camere di tortura dove si proibisce a un povero fanciullo di dare simpaticamente del «finocchio» a un compagno, ribadendo il concetto con dovizia di particolari e di immagini. Quel talento aveva le carte in regola per sfondare in televisione e un domani in Parlamento, se solo la sadica istitutrice non fosse intervenuta a ingabbiarne la creatività dentro un castigo umiliante. E nel caso in cui il «finocchio» si fosse poi fatto del male, come in un’altra scuola qualche tempo fa? Che domande: sarebbe stato giusto accusare la prof di non aver saputo prevenire la tragedia. Scuole con professoresse simili non si possono tenere aperte un giorno di più. Di bizzarria in bizzarria, sono arrivate a costringere un giovanotto vivace e appena un po’ razzista ad autoinsultarsi per iscritto. Vogliono il ripristino delle punizioni corporali? Bene hanno fatto i genitori della vittima a risponderle per le rime. «Nostro figlio sarà un deficiente ma lei è una c...» E benissimo ha fatto il pubblico ministero che ha incriminato l’insegnante a non ritenere punibile la parolaccia di mamma e papà, considerandone l’alto valore educativo. Datemi retta: è meglio chiuderle, queste scuole. Soprattutto perché quel ragazzino fa la seconda media e ha scritto per cento volte «Io sono un deficente» senza la i.


da La Repubblica di Platone Libro VIII

«Ebbene, caro amico, qual è il carattere della tirannide? è pressoché evidente che si tratta di un trapasso dalla democrazia».
«Sì , è evidente».
«Quindi la tirannide nasce dalla democrazia allo stesso modo in cui questa nasce dall'oligarchia?» «In che modo?» «Il bene che i cittadini si proponevano», spiegai, «e per il quale avevano istituito l'oligarchia era la ricchezza eccessiva: non è vero?» «Sì ».
«Ma l'insaziabile brama di ricchezza e la noncuranza d'ogni altro valore a causa dell'affarismo l'hanno portata alla rovina».
«è vero» disse.
«E anche la disgregazione della democrazia non è provocata dall'insaziabile brama di ciò che si prefigge come bene?»
«E che cosa, secondo te, si prefigge?» «La libertà», risposi. «In una città democratica sentirai dire che questo è il bene supremo e quindi chi è libero per natura dovrebbe abitare soltanto là».
«In effetti si ripete spesso questa sentenza», osservò.
«Come stavo per chiederti», proseguii, «non sono dunque la brama insaziabile e la noncuranza d'ogni altro valore a trasformare questa forma di governo e a prepararla ad avere bisogno della tirannide?» «In che senso?», domandò.
«A mio parere, quando una città democratica, assetata di libertà, viene ad essere retta da cattivi coppieri, si ubriaca di libertà pura oltre il dovuto e perseguita i suoi governanti, a meno che non siano del tutto remissivi e non concedano molta libertà, accusandoli di essere scellerati e oligarchici».
«Sì », disse, «fanno questo».
«E ricopre d'insulti», continuai, «coloro che si mostrano obbedienti alle autorità, trattandoli come uomini di nessun valore, contenti di essere schiavi, mentre elogia e onora in privato e in pubblico i governanti che sono simili ai sudditi e i sudditi che sono simili ai governanti. In una tale città non è inevitabile che la libertà tocchi il suo culmine?» «Come no?»
«Inoltre, mio caro», aggiunsi, «l'anarchia penetra anche nelle case private e alla fine sorge persino tra gli animali».
«In che senso possiamo dire una cosa simile?», domandò.
«Nel senso», risposi, «che ad esempio un padre si abitua a diventare simile al figlio e a temere i propri figli, il figlio diventa simile al padre e pur di essere libero non ha né rispetto né timore dei genitori; un meteco (23) si eguaglia a un cittadino e un cittadino a un meteco, e lo stesso vale per uno straniero».
«In effetti accade questo», disse.
«E accadono altri piccoli inconvenienti dello stesso tipo: in una tale situazione un maestro ha paura degli allievi e li lusinga, gli allievi dal canto loro fanno poco conto sia dei maestri sia dei pedagoghi; insomma, i giovani si mettono alla pari dei più anziani e li contestano a parole e a fatti, mentre i vecchi, abbassandosi al livello dei giovani, si riempiono di facezie e smancerie, imitando i giovani per non sembrare spiacevoli e dispotici».

…..

«Dunque, amico mio», dissi, «questo mi sembra l'inizio bello e vigoroso da cui nasce la tirannide».
«Davvero vigoroso!», esclamò. «Ma che cosa succede dopo?» «Lo stesso malanno», continuai, «che si manifesta nell'oligarchia portandola alla rovina, nasce anche nella democrazia, più forte e violento a causa della licenza, e la asservisce. In effetti l'eccesso produce di solito un grande mutamento in senso contrario, nelle stagioni, nelle piante, negli animali e non ultimo anche nelle forme di governo».
«è naturale», disse.
«Infatti l'eccessiva libertà non sembra mutarsi in altro che nell'eccessiva schiavitù, tanto per il singolo quanto per la città».
«Sì , è naturale».
«Ed è quindi naturale», ripresi, «che la tirannide si formi solo dalla democrazia, ossia che dall'estrema libertà si sviluppi la schiavitù più grave e più feroce».
«è logico», disse.
«Tu però», continuai, «non mi stavi chiedendo questo, bensì qual è quello stesso malanno che nasce nell'oligarchia e nella democrazia asservendole».
«è vero», confermò.
«Ebbene», dissi, «io intendevo parlare di quella razza di uomini pigri e spendaccioni, i più coraggiosi in testa e i più vili al seguito: noi paragoniamo gli uni ai fuchi dotati di pungiglione, gli altri a quelli che ne sono privi».
«E con ragione!», esclamò.
«Questi due gruppi», ripresi, «nascono in ogni regime e vi creano scompiglio, come nel corpo la flemma e la bile;
perciò il buon medico e legislatore della città, non meno di un esperto apicultore, deve prendere per tempo le sue precauzioni, innanzitutto per impedire che nascano, e se nascono perché siano recisi al più presto assieme ai loro favi».
«Sì , per Zeus, proprio così !», disse.
«Quindi», proseguii, «per scorgere più distintamente il nostro obiettivo, procediamo in questo modo».
«Come?» «Dividiamo una città democratica in tre parti, cosa che del resto corrisponde alla realtà. La prima, se non erro, è quella classe che nasce qui non meno che nella città oligarchica a causa della licenza».
«è così ».
«Ma in questo regime è molto più violenta che in quello».
«In che senso?» «Là rimane inesperta e debole perché non viene apprezzata, anzi viene tenuta lontano dalle cariche;
nella democrazia invece questa, salvo pochi casi, è la classe dirigente e la sua parte più violenta parla e agisce, mentre gli altri, seduti attorno alle tribune, ronzano e non tollerano chi contraddice. Così in un simile regime tutto è amministrato da questa classe, con poche eccezioni».
«Precisamente», disse.
«C'è poi un'altra classe che si distingue sempre dal volgo».
«Quale?» «Quando tutti si danno agli affari, le persone dalla natura più equilibrata diventano di solito molto ricche».
«è logico».
«E da lì , penso, i fuchi ricavano facilmente la massima quantità di miele da suggere».
«E come potrebbero suggere da chi ha poche sostanze?», replicò.
«E questi, credo, sono i ricchi che vengono chiamati erba dei fuchi».
«Più o meno», disse.
«La terza classe sarebbe il popolo, composto da chi lavora in proprio e non partecipa agli affari pubblici, gente che non possiede un patrimonio cospicuo: ma nella democrazia questa è la classe più numerosa e più potente, quando si coalizza».
«In effetti è così », disse; «ma non vuole farlo spesso, se non riceve un po' di miele!».
«Eppure ne riceve sempre», replicai, «ogni volta che i governanti spogliano i cittadini abbienti dei loro averi e ne distribuiscono al popolo, tenendo per sé la parte maggiore».
«Sì , lo riceve in questo modo», disse.
Perciò le vittime di queste spoliazioni sono costrette a difendersi credo, parlando e agendo tra il popolo come meglio possono».
«Come no?» «E allora, anche se non aspirano alla rivoluzione, sono accusati dagli altri di tendere insidie al popoì o e di essere oligarchici».
«Certo».
«E alla fine, quando vedono che il popoì o tenta di danneggiarli non di sua iniziativa, ma perché è ignorante e viene ingannato dai calunniatori, allora, che lo vogliano o no, diventano veramente oligarchici non di loro iniziativa, ma perché quel fuco, pungendoli, produce anche questo male».
«Senza dubbio».
«Allora nascono le denunce, i processi e le contese reciproche».
«Appunto».
«Ma il popolo non ha sempre l'abitudine di mettere alla sua testa un solo individuo, di cui alimenta e accresce il potere?» «Sì , ha questa abitudine».

Genoa - Napoli (Torre del Greco - Villa Comunale)

Non so cosa dire. Posso solo assicurare che prima le condizioni della scala non erano migliori, gli autori (notturni) del "decoro", hanno anche provveduto a pulire i gradini dalle piante parietali, bontà loro.
Da notare che hanno attintato in azzurro, anche le ringhiere di protezione ai lati della scala.
Certo se fosse stato un modo di protestare contro i rifiuti per le strade, contro la classe politica che ci amministra, lo avrei gradito molto di più, ma per una partita.........
In ogni caso, considerando che in alcune stazioni hanno pagato per i murales, almeno qui non c'è stato esborso di denaro pubblico.

sabato 9 giugno 2007

Avvocati

Sono andato da un vecchio avvocato napoletano, quelle persone veramente perbene, avvocato civilista, quando ha tempo disponibile, ama conversare in dialetto, anzi tra le parole dotte in latino, ci infila sempre la parola napoletana. E mi ha espresso un concetto bellissimo, parlando di tanti anni addietro, ha raccontato che il padre era avvocato penalista e una volta è andato da lui un cliente del padre per essere difeso da un'accusa di truffa, il cliente già conosceva benissimo la legge e che avrebbe avuto ragione, nonostante la sua chiara malafede.
Bene l'avvocato con molto garbo ed educazione gli spiegò che lui non l'avrebbe potuto difendere, date le circostanze. Il cliente ringraziò e se ne andò.
Mi ha spiegato che anche la persona più disonesta va rispettata, lui ha rifiutato la difesa (quindi una parcella), non giudicando, ma semplicemente facendo capire, io, a mia volta ho capito perchè gli avvocati (come lui) tutelano la giustizia.

Nessun luogo è lontano

“Può forse una distanza materiale separarci davvero dagli amici?
Se desideri essere accanto a qualcuno che ami, non ci sei forse già?”
Richard Bach in "Nessun luogo è lontano"

Ho tanti amici lontani, che magari non sento da tempo, ma gli amici, anche quelli che non sono più tra di noi, rimangono. Sono parte di me.
Personalmente ho avuto incontri stupendi nella vita, come definire il tutto: buona stella, karma, fortuna? Non saprei. Veramente stento a ricordare frequentazioni banali, tutte le mie frequentazioni sono state di persone che "non vivono per caso", ho avuto, grazie agli amici, la possibilità di conoscere persone e vedere posti o particolari che anche se setacci ogni byte del web trovi.
Proprio ieri dicevo a una cara amica, le mie amiche sono un firmamento ma tu sei tra le "supernova".