mercoledì 27 giugno 2007

Amicizia

“Può forse una distanza materiale separarci davvero dagli amici?
Se desideri essere accanto a qualcuno che ami, non ci sei forse già?”

Nessun luogo è lontano
Richard Bach

Non ho avuto amici in quantità, ma in qualità, logicamente negli amici non annovero le conoscenze e le frequentazioni, che per lavoro ne ho veramente tantissime.
Ho un approccio particolare all'amicizia, per me è come il colpo di fulmine, le mie migliori amicizie sono iniziate immediatamente grandi, una volta mi disse un commerciante di abbigliamento, non capisco perché individui sempre gli oggetti più costosi e parliamo di un negozio vecchio stile, dove oggi un pò meno (il popolo questo vuole), i capi e gli accessori costavano perchè sono e non perché sono fatti da.... Per gli oggetti, sono appagato da tatto vista e olfatto, ma ne parlerò in un post a parte, per gli amici, non saprei dire cosa succede, quando sono fuori dalla mia città faccio variazioni al percorso considerevoli, se sò che posso portare qualcosa di particolare a chi mi è caro, un lonzino o un caciocavallo, una bottiglia di olio o di vino, un panello di mandorle o qualsiasi cosa possa fare brillare la vista di chi lo riceve, mi entusiasma scovare cose inconsuete, così è con le amicizie, una nuova amicizia è un'altra vita vissuta.
Mi è capitato prenotare un appartamento, capendo dalla telefonata che dall'altra parte c'era una persona speciale e che saremmo diventati amici, infatti così è stato.
Giovanni, occhi azzurri e sguardo talassico, abitavamo a pochi passi, non ci eravamo mai sfiorati, in un'attimo abbiamo scoperto una vita comune, mai vissuta, ma probabilmente esistita, è capace di chiamarmi un'ora dopo che ci siamo visti, ma la domenica mattina è sacrosanta, mi chiama e dal mio pronto già è al corrente del mio stato d'animo.
Le amiche sono un pianeta, anzi un firmamento a sè, e ho delle supernova, con una di loro, quando chiamo al telefono, non dico mai pronto, ma, alterando la voce, che sò: "sei impegnata questa sera?". Ma inevitabilmente mi riconosce, ride e iniziamo a parlare, a un'altra amica, mi basta dire: "pronto", lei inizia a ridere, o ancora dalla terra di Socrate, c'è un'amica che conosce il mio stato d'animo in base alle mail. Le mie amiche sono tutte donne incantevoli, hanno tutte una dote straordinaria, ognuna di loro è prima in qualcosa e spesso seconde in tante altre cose, penso però che un fil rouge c'è ed è la sensibilità, tutte indistintamente sono di una sensibilità straordinaria, poi quando ricevi da una di loro un regalo inaspettato (non parlo di valore venale, ma di un regalo che comunica qualcosa, come nel post pane olio e...) allora pensi che la magia esiste e si chiama amicizia.
Con gli amici amo scherzare, ne faccio di tutti i colori, uno scherzo che mi è riuscito più di una volta (con Giovanni) è stato questo.
Lui mi chiama al telefono con saccenza, inizia a parlarmi di un argomento particolare sfidandomi sulla conoscenza, sicuro di trovarmi impreparato, che sò se ne viene: "che ne pensi del pensiero debole", io fingo di ascoltarlo, tanto lo so già che continua a parlare, io avendo il pc a portata di mano, inizio a cercare, appena lui si ferma, inizio: "dal punto di vista etico il pensiero debole parte dall'affermazione che non può esistere un unico faro morale, questo sarebbe infatti una forma di dominio e di violenza di un solo aspetto della realtà sugli altri. Se la violenza è da sempre il prodotto di verità dogmatiche..........."
Logicamente è riuscito due o tre volte, perchè spaziando dalla filosofia alla fisica, ha intuito (forse complice il ticchettio della tastiera) l'origine del sapere. Adesso mi sfida solo quando è sicuro che mi sono appena alzato.

martedì 26 giugno 2007

Il mio micio


Fin da bambino ho avuto un trasporto per gli animali, in particolare per cani e gatti. Purtroppo non ho mai condiviso la mia casa con un cane, però da ragazzino, riuscii a convincere mia mamma a tenere un gattino trovatello, che presentai a mia mamma tenendolo a schiena sotto nella tasca sul davanti del Kway.
Il patto prevedeva che il gatto non sarebbe mai salito in casa, avrebbe avuto la sua cuccia, lettiera e cibo nell’autorimessa. La porta basculante fu opportunamente modificata, con uno sportellino oscillante, in modo da consentire all’amico impellicciato le libere uscite, si sa i gatti sono indipendenti, come si sa che le promesse dei ragazzini sono da marinaio, e le mamme, anche se di stampo teutonico, sono sempre mamme. Così le regole concordate, man mano, mutarono, come cambiavano nella “Fattoria degli animali” di Orwell. Infatti il gatto era inizialmente accolto in casa in mia presenza, poi nelle ore diurne, poi nelle notti di temporale, insomma via discorrendo su deroghe varie. Il nostro, divenne sempre più un gatto di casa, certo la sua permanenza nelle comode e protette mura domestiche era “sudata”, infatti stare dietro le attenzioni mie e di mio fratello era dura. La passione di mio fratello erano le orecchie, il mio fratellino, amava carezzare con le dita queste appendici di caldo velluto, io invece amavo carezzare il petto, dove c’è un pelo folto e morbido che le dita affondano avvolte di calore. Ciò che non dimenticherò mai sono le giornate invernali, con il gatto sulle gambe che fa le fusa, poche situazioni sono più rilassanti.
Il mio gatto, amava lottare con i piedi della libreria nello studio di mio padre, scolpiti a forma di zampe di leone, inseguire oggetti ai nostri occhi invisibili o tendere attentati a mia madre o mia nonna, si metteva dietro la porta della cucina, e al passaggio di una delle due, “paccheriava” con le zampette anteriori le gambe della malcapitata.
Anche il pasto era sudato, infatti quando eravamo in casa, mia madre preparava del pesce lesso per il micio, noi lo prendevamo in consegna, dopo averglielo fatto annusare, scappavamo lungo il corridoio svoltando velocemente in cucina. Il gatto per inseguirci, istintivamente tendeva a curvare “frenando”, ma il gatto rallenta, estraendo le unghie e queste sui pavimenti ceramici, non hanno nessun attrito, quindi puntualmente sbatteva in derapata contro la porta.
Logicamente, alle deroghe, c’era comunque l’accordo di portare il gatto presso la sua lettiera, ma un giorno, presi dal gioco e dalla presenza di amici, non capimmo in tempo il lamenti del micio, che in linguaggio gattesco, comunicavano gli ordini inderogabili dall’interno. In conclusione, il poverino la mollò, ma in un posto ai suoi occhi discreto: dietro un carillon, piccolo particolare c’era una presa elettrica, improvvisamente sentimmo una botta tremenda, un miaooooooooo, e una puzza di ammoniaca terribile, oltre ad essere rimasti al buio. Il micetto aveva mollato sulla presa la pipì, ottimo conduttore di corrente, con una immediata vaporizzazione del liquido.
Il gatto da allora non ha mostrato più interesse per le gattine, ma nell’immediato, dopo aver pulito il tutto (prima che venisse mia madre), rimase questo olezzo penetrante, scavando in casa, trovammo un insetticida, che provvedemmo a riversare in ambiente. Quando mia mamma tornò, logicamente, sentì questo tanfo derivante da un’immonda fusione di “odori”, noi ci dilettammo nell’illustrare un’invasione di moscerini (in pieno inverno), di conseguenza l’utilizzo dell’insetticida, ma mia madre subito disse: “il gatto ha fatto la pipì in casa”. Non ha mai preteso tutta la verità, in compenso si convinse a tenere una lettiera a porta di “zampe” su di un balcone. Cosa si fa per i figli……..
P.S. nella foto Lucio, poi tanti amici hanno o condividono la passione per i gatti, elenco alcuni nomi, anche di gatti miei: Cadisia, Aramis, Diesis, Magie noir, Rosa Luxemburg, Nerone e rossetto (per i colori), Pinocchio, ma il più singolare rimane quello attribbuito da ragazzini in un quartiere popolare di Napoli: mezza recchia, infatti il micio in questione, ha perso, forse durante un combattimento, un pezzo di orecchio, ma a Napoli ha anche un altro significato.
Dedicato a chi contribuisce alla mia insonnia.

domenica 24 giugno 2007

Profumo di bosso


Alcuni anni addietro, ero per lavoro in un parco secolare di una villa nobile a Napoli, zona Capodimonte.
Fceva freddo, come raramente capita in questa città, il lavoro era noioso. A un certo punto sentii un odore che mi provocò una stretta allo stomaco, quella sensazione che quando sei ragazzino, provi incontrando la tua amata. Non realizzai immediatamente, poi capii che era l’odore del bosso.
Questa siepe decora tutt’oggi la villa di Narcisa, tra i colli a nord-est di Udine.
Sono stato ospite per lunghi indimenticabili periodi, e tutt’oggi sono ospite di una figlia, Elena, a pochi metri, (una supernova nel mio firmamento). Narcisa, quando ero bambino, mi portava nella notte, insieme alle figlie, e a mio fratello, dietro i finestroni della villa ad osservare i temporali estivi, molto violenti in quelle zone. Così spiegandoci come si calcolava, approssimativamente, la distanza del fulmine, o tante altre cose del temporale, ci permetteva di vincere la paura.
Narcisa è una persona di una semplicità e di una cultura vastissima, nelle sue (pochissime) ore libere, soprattutto per l’insonnia, ha sempre letto di tutto, in italiano, in inglese e tedesco. La sua casa era un crocevia di etnie, mi ha insegnato le peculiarità di ogni cultura, quindi educato alla tolleranza.
Ha rafforzato il mio amore per gli animali, e in particolare per i cani, mi ha insegnato come i cani anticipavano di alcuni secondi l’arrivo della scossa di terremoto, o come il loro istinto di tutela del gregge, li portava a raggruppare noi bambini indisciplinati, convinti a non camminare in gruppo, dandoci degli innocui morsetti alle caviglie.
Narcisa è stata una cuoca “colta e raffinata”, una persona che la cucina la praticava, non ne discettava. Ricordo ancora, quando leggeva le recensioni dei ristoranti blasonati, suo malgrado frequentati, per ragioni diplomatiche, esplodeva in delle risate “liriche”, come fa tutt’oggi. Può preparare una zuppa d’orzo con l’affumicato, il cui odore permarrà nel naso a vita, ma ama e conosce tanto della cucina napoletana. Preparava dal pasticcio di lasagne, con la cura con cui si fascia un neonato (e qui Elena non è da meno), alle confetture con i frutti del suo giardino. Appena finito di cucinare, intratteneva gli ospiti delle più svariate nazionalità. Noi bambini ci intratteneva con le storie della sua infanzia vissuta con le responsabilità di una donna adulta.
Ha affascinato i miei nonni, i miei genitori, me ed oggi affascina i miei figli. Diceva mia nonna; “se esistessero più Narcisa, il mondo funzionerebbe meglio”. Mia nonna è morta vecchia e saggia.
L’amore e la predisposizione per la cucina, per quanti conosca, sono eguagliati da Elena e mia suocera.

giovedì 21 giugno 2007

tre civette sul comò



























A Napoli e dintorni, la civetta è considerata di cattivo augurio (malaugurio), sembra perché la civetta si trova dove ci sono veglie funebri. Questo perché durante le veglie funebri, di notte si tengono le luci accese, dove ci sono luci, ci sono insetti, quindi cibo per le civette. N.B. nelle foto gufi e civette.

mercoledì 20 giugno 2007

Profumo di pane, olio e amicizia

Prendo spunto da un omaggio ricevuto oggi: olio e pane cotto nel forno a legna, dal profumo immagino a fascine. Non olio qualunque, olio extra vergine prodotto in proprio. Entrambi provenienti dalla provincia di Avellino.
Gli oli di oliva mi piacciono quasi sempre, non gradisco i calabresi dal gusto piccante, normalmente lo compro in provincia di Cosenza, a Cariati presso le fattorie Greco (fattorie@fattoriegreco.it), una delle aziende produttrici di olio Biologico più grandi della Calabria. L’azienda si estende su una superficie di circa 1.500 ettari di cui 1.250 ettari coltivati ad uliveto.
Coltivano le piante (hanno 200.000 ulivi, sculture naturali, bellissime), e provvedono alla produzione dell’olio.
Prendo sempre la produzione biologica, e alcune bottiglie di San Tommaso, prodotto con i frutti colti a mano, in modo da evitare qualsiasi danno alle olive, ottenendone un olio a bassissima acidità.
Non ho resistito, ho preso un piatto, affettato il pane e messo l’olio e mi domando se chi sostiene che certi prodotti da forno industriali sono buoni, ha mai provato pane e olio? Certo, nel caso specifico ero al top, ma in tanti posti, soprattutto al sud si trova pane buonissimo, io impazzisco per quello di oggi, di forma tonda (prodotto in provincia di Avellino e Benevento, lo compro al panificio Preziosi di S. Giorgio del Sannio), per il pane prodotto nella zona vesuviana (S. Sebastiano ed Ercolano), il cosiddetto “palatone”, mi piace tantissimo anche il pane di Cutro (in provincia di Crotone), ma mi piacciono altrettanto i pani neri con i vari semi prodotti in Alto Adige, logicamente questi ultimi, vanno mangiati con i salumi, ma alcuni non li disdegno con le confetture di frutti selvatici, o la marmellata di arance amare.
Tornando all’olio ricevuto in regalo, ha dei colori bellissimi, e un profumo delicatissimo, certo poi ricevere un olio prodotto in proprio è bellissimo, lontanamente è come ricevere un invito per una cena a casa invece che essere portati al ristorante. Un olio prodotto in proprio, al pari del vino ha dentro l’amore, la dedizione il sacrificio, infatti chi mi ha pensato, ne ha parlato con orgoglio, narrandomi, che era una passione del papà, e tutt’oggi, le olive vengono portate al frantoio (logicamente premute a freddo), il giorno dopo la raccolta, proprio per ottenere un’acidità bassa.Insomma come ho già avuto modo di dire le mie amicizie sono un firmamento, ma tra le stelle ci sono delle supernova.

martedì 19 giugno 2007
















Le immagini non hanno bisogno di commenti.

domenica 17 giugno 2007

Lirica in Villa Favorita a Ercolano


















Villa Favorita, fa parte delle ville vesuviane, è stata completamente restaurata, insieme al parco, è quasi aliena dalla città, pulita ordinata, il verde curatissimo, sorveglianza costante ed efficiente, nessuno che alzi la voce o si permetta di gettare una carta. Gode dell'extraterritorialità?
Anche quest'anno, Villa Favorita sarà sede di rappresentazioni liriche, l'anno scorso, ci sono stati problemi, cioè posto unico senza assegnazione, si sa gli italiani e i napoletani non sono tagliati per l'ordine e per le file, poi i politici in comuni così sono ras, ecco che nonostante arrivavi per primo, tanti posti erano già occupati, indovinate da chi.... Persone che confondono un'aria con i neomelodici (pensandoci bene preferiscono questi ultimi, ma è così chic presentarsi di sera a un concerto lirico). Per fortuna questa stagione cambia: posti numerati e assegnati........... Complimenti agli organizzatori per la disposizione del palco (la brezza che viene dal mare, rinfresca gli spettatori e favorisce l'ascolto), per i posti numerati e al personale di Villa Campolieto, tra l'altro gentilissimo.

Cerimonie a Napoli

Scena: lungomare di Napoli, intravedo un qualcosa di prossimo ad un set cinematografico, cameraman, fotografo, assistenti con tanto di schermi riflettenti e flash, osservo bene e mi sembra di intravedere una sposa, penso a un servizio di moda, mi soffermo, la sposa è molto piccina, sarà di statura bassa? No, non è una sposa, è una bimba, che sta posando per il book fotografico della sua prima comunione.
Logicamente anche i festeggiamenti e le bomboniere non saranno da meno. Vediamo.
Per i festeggiamenti si possono raggiungere i 200 invitati, con una spesa che parte dai 40 Euro per locali che servono pietanze cucinate all'esterno della struttura, fino a 200 Euro per i locali più blasonati (dove io non berrei nemmeno un bicchiere di acqua), alla spesa pro capite, è d'obbligo aggiungere i cantanti (i suoni), possibilmente neomelodici, e si dovrebbero vedere questi "cerimonifici", sono sale tipo capannoni, modulari, con divisioni mobili, quindi ci si trova a sentire musiche a palla di due o più cerimonie (già il cibo è digeribile quanto il silicio, poi quella mix musicale di pumf pumf, fa il resto), ma il bello non finisce qui, perché l'essenziale in queste cerimonie non è la qualità ma la quantità, infatti l'espressione tipica è: "hai visto quanta roba si è buttata?" Logicamente il vino non è da meno, fiumi di "bevande al gusto di vino" con etichette tipo "Scugnizzo di Gragnano", che sembrano uscite dalla Henkel piuttosto che da una cantina, con gli stessi effetti gli stessi del vino: persone sdraiate, addormentati su divani stile Luigi XVI (sembrano in legno intagliato, ma se c'è un incendio, non bruciano si "squagliano"), balli tribali con tanto di salto sulle braccia dello sposo e della sposa (che frequentemente, date le altezze ridotte danneggiano i controsoffitti) uomini che hanno gilet passibili di sanzioni per armi improprie (vanno tanto stretti che se partono i bottoni sono raffiche di mitra), signore vestite come Biancaneve, ragazzi con gessati a 7 bottoni, collo alla coreana e Nike al piede.
Per gli uomini è d'obbligo l'anello con la testa di leone completa di brillante in bocca, orologio d'oro (bracciale compreso). Tra i giovani il Rolex è il must (anche falso va bene). Adesso tra maschi e femmine spopola un braccialetto elastico, composto da tante tesserine in similegno, con le effige di vari Santi.
Per le bomboniere, è d'obbligo la preghiera con la foto della bimba che riceve la prima comunione, la scatola con le iniziali e la chiusura magnetica, l'oggetto vero e proprio può essere d'argento in finta ceramica, cioè in una resina molto Kitsch, spesa per una bomboniera dai 5 Euro (confezionata in casa) fino ai 50-60 Euro.
Per i matrimoni il must è l'arrivo degli sposi in elicottero e d'obbligo lo spettacolo pirotecnico finale.

venerdì 15 giugno 2007

Spoleto



Trovandovi a Spoleto, non mancate di visitare la chiesa di S. Brizio.
































mercoledì 13 giugno 2007

Locali a Napoli

Quando scelgo un locale per mangiare, ovunque mi trovi, il primo impatto è estetico. Non che desideri locali di tendenza, chic realizzati dall'architetto di grido, tutt'altro. Ma purtroppo molto spesso vedo locali di una tristezza unica, controsoffitti in cartongesso o in doghe di alluminio, costruzioni abusive, che sembrano favelas, ma ti presentano un conto prossimo a quello dell'Enoteca Pinchiorri. Ma ciò che non mi spiego è questo, in Alto Adige, anche nella malga gestita da contadini nel posto più sperduto, dove anche il pavimento è un lusso, c'è decoro, ci trovi delle tendine, gli attrezzi da lavoro appesi dove si mangia, ma in ordine.
Quella che vedo diffusamente, un poco in tutta Italia, la chiamerei sciatteria.

taglie dei bambini e delle mamme

Sarei curioso di leggere un parere scientifico sull'argomento: quando le giovani mamme comprano abiti per i propri figli, orgogliose mostrano che il pargolo ha 6 mesi, ma "veste" 9 o più mesi, logicamente indica una sana e robusta crescita. Mi viene un dubbio è una strategia di marketing? E se così fosse perché non fanno una linea femminile che arrivi massimo alla taglia 42, con scala inversa a quella dei bimbi, così con lo stesso orgoglio del figlio "oversize", possono mostrare una loro "ideal size".

male in naples: Barbera beneventano

male in naples: Barbera beneventano

www.gallomatese.com

Barbera beneventano


Molti anni fa, mi sono trovato per lavoro a Faicchio, paesino in provincia di Benevento. Quando vado in questi posti, amo portare a casa specialità locali, in quella volta, sono partito da casa con due fusti da 30 litri, per comprare del vino. Chiesi alle persone dove mi trovavo per lavoro dove avrei potuto comprare del vino, loro prontamente mi chiesero quanto me ne serviva, capii, me lo avrebbero regalato, allora nicchiando, risposi che volevo comprarne una bottiglia, giusto per provarlo, infatti, mi omaggiarono di due bottiglie. Andando via, riproposi la domanda, loro: "scendendo, a Massa di Faicchio, c'è la cantina sociale". Infatti andai a Massa di Faicchio, chiesi informazioni, ad un anziano signore, lui mi rispose con una domanda: "che dovete fare", io: "devo comprare del vino", lui: "oggi la cantina sociale è chiusa, ma quanto vino Vi serve?” Pensai: “un’altra volta questa domanda, e risposi 30 litri", lui: "girate la macchina che ve lo do io".
Sono tanto timido, che non riuscii a dire di no, lui cogliendo la mia incertezza, cercò di rassicurarmi spiegandomi che lo produceva lui con la sua uva, piante di barbera insediate su dei terrazzamenti lungo questa montagna beneventana, me lo avrebbe fatto pagare meno della cantina sociale, pur essendo a quel punto terrorizzato (da napoletano pensai subito a una sola ovvero una truffa), non ebbi il coraggio di rifiutare quel vino, del resto non rischiavo troppo economicamente, se non ricordo male pagai 36.000 lire (1.200 lire al litro, molto meno di un litro di benzina!), più che altro ero terrorizzato a berlo.

Rischiai, il vino era buonissimo, parafrasando Giorgio Gaber, era un uomo che voleva vendere (onestamente) solo del vino.

martedì 12 giugno 2007

Vomero Vs. Corso S. Giovanni a Teduccio

Oggi percorrevo Corso S. Giovanni a Teduccio, il corso che collega Napoli ai paesi Vesuviani: Portici, Ercolano e Torre del Greco. Pensavo, se fossi una persona venuta a Napoli, senza conoscere nulla, tra il Vomero e Corso S. Giovanni a Teduccio, non avrei dubbi sceglierei il secondo, piccolo particolare le case al Corso, costano la quarta parte o meno del Vomero.
Il Vomero è un agglomerato di palazzoni, senza forma in stile liberty(no) (ognuno ha dipinto la sua porzione di balcone, installato cancellate di forgia diversa, realizzato verande nei colori e nelle finiture più disparate, anche sullo stesso piano) che si adagiano su una collina tagliata da viuzze senza parcheggi. Corso . Giovanni a Teduccio, cammina parallelo al mare e vi sono molti palazzi signorili, ex case di villeggiatura del settecento.
Regole del mercato, tutti vogliono il Vomero.
Ma un paradosso ancora più particolare è via Toledo a Napoli, su via Toledo gli immobili vengono venduti anche a 10.000 Euro/mq, appena alle spalle, la cifra è un terzo/un quarto: si è nel pieno dei quartieri spagnoli.
Idem per Santa Lucia, stesse differenze tra S. Lucia e Pallonetto a S. Lucia.

lunedì 11 giugno 2007

Treni

Sono una persona di media cultura e di media intelligenza, oggi ho preso la metropolitana da piazza Cavour a Napoli, viene annunciato che è un treno regionale ed effettua servizio metropolitano, effettuando tutte le fermate. Quindi penso mi conviene di scendere a Gianturco, il treno non ferma a Gianturco, penso poco male, scendo a Torre del Greco (effettua servizio metropolitano, non ha fermato a Gianturco, ma Torre del Greco è una città di 100.000 abitanti), faccio una commissione, e torno a Napoli, bene non ferma, poi penso alle elezioni proprio a Torre del Greco, c'è il ballottaggio per il sindaco, ormai le urne sono chiuse, chissè chi sale? Poi torno in me e penso ancora: "chi sale sale, basta che non sale il controllo che sono senza biglietto", nelle more delle mie divagazioni, viene effettuata la prima fermata, Torre Annunziata, vado in stazione e chiedo il primo treno per Torre del Greco, mi dicono l'orario, acquisto il biglietto, il treno viene annunciato con l'indicazione che effettuerà tutte le fermate intermedie fino a Napoli, il treno non ferma nuovamente a Torre del Greco, torno a Napoli......
Dimenticavo, nella stessa condizione eravamo tre persone, allucinazione collettiva?

domenica 10 giugno 2007

Autobus e tram a Napoli

Link dell'immagine: www.alfonsomartone.itb.it/iqgpzc.html















Circa quindici anni fa, ero al cimitero di Poggioreale, capolinea della linea 1 del tram, chiedo a un tramviere: "gentilmente, a che ora parte il tram?", lui: "più tardi", io chiedo di nuovo, ma la risposta rimane invariata. Insomma il tram partì quando ne aveva voglia il conducente.
A questo proposito mi hanno raccontato un episodio simile: una signora, sempre a Napoli, sale in autobus e rivolgendosi all'autista: "sono due ore che aspetto!". L'autista: "Signò, tenevamo un appuntamento?".

Scuola, Gramellini e Platone

Ho avuto incarico di intervenire in 4 scuole superiori (4° e 5° anno), per parlare, a grandi linee (in circa 20 minuti), di sicurezza nei cantieri edili

Non frequento la scuola da tanto, le ultime volte, circa 20 anni or sono, come insegnante.

Sono rimasto dell'abbigliamento scolastico, nulla di più di quanto vedo per strada. Ma osservare ragazzi che si presentano in un'aula con cappellini dotati di visiera, occhiali da sole e bermuda, stesi sulle sedie, mi ha lasciato, come oggi si usa dire, basito. A cosa servono cappellino con visiera e occhiali da sole in classe? Non credo che rappresenti ciò che era una volta l'eskimo, forse oggi, se nascessero nuovi contestatari, per distinguersi, dovrebbero presentarsi a scuola vestiti in giacca e cravatta.






9/6/2007

Il bullo e l'aguzzina

BUONGIORNO

di MASSIMO GRAMELLINI

Va bene mandare i professori in galera, ma non si farebbe prima a chiudere le scuole? Luoghi antiquati in cui sopravvivono esemplari come l’insegnante siciliana che ha costretto un allievo a scrivere sul quaderno per cento volte «Io sono un deficiente». Fortuna che c’è un giudice, a Palermo, e ha chiesto due mesi di carcere per l’aguzzina. Sì, chiudiamole, queste camere di tortura dove si proibisce a un povero fanciullo di dare simpaticamente del «finocchio» a un compagno, ribadendo il concetto con dovizia di particolari e di immagini. Quel talento aveva le carte in regola per sfondare in televisione e un domani in Parlamento, se solo la sadica istitutrice non fosse intervenuta a ingabbiarne la creatività dentro un castigo umiliante. E nel caso in cui il «finocchio» si fosse poi fatto del male, come in un’altra scuola qualche tempo fa? Che domande: sarebbe stato giusto accusare la prof di non aver saputo prevenire la tragedia. Scuole con professoresse simili non si possono tenere aperte un giorno di più. Di bizzarria in bizzarria, sono arrivate a costringere un giovanotto vivace e appena un po’ razzista ad autoinsultarsi per iscritto. Vogliono il ripristino delle punizioni corporali? Bene hanno fatto i genitori della vittima a risponderle per le rime. «Nostro figlio sarà un deficiente ma lei è una c...» E benissimo ha fatto il pubblico ministero che ha incriminato l’insegnante a non ritenere punibile la parolaccia di mamma e papà, considerandone l’alto valore educativo. Datemi retta: è meglio chiuderle, queste scuole. Soprattutto perché quel ragazzino fa la seconda media e ha scritto per cento volte «Io sono un deficente» senza la i.


da La Repubblica di Platone Libro VIII

«Ebbene, caro amico, qual è il carattere della tirannide? è pressoché evidente che si tratta di un trapasso dalla democrazia».
«Sì , è evidente».
«Quindi la tirannide nasce dalla democrazia allo stesso modo in cui questa nasce dall'oligarchia?» «In che modo?» «Il bene che i cittadini si proponevano», spiegai, «e per il quale avevano istituito l'oligarchia era la ricchezza eccessiva: non è vero?» «Sì ».
«Ma l'insaziabile brama di ricchezza e la noncuranza d'ogni altro valore a causa dell'affarismo l'hanno portata alla rovina».
«è vero» disse.
«E anche la disgregazione della democrazia non è provocata dall'insaziabile brama di ciò che si prefigge come bene?»
«E che cosa, secondo te, si prefigge?» «La libertà», risposi. «In una città democratica sentirai dire che questo è il bene supremo e quindi chi è libero per natura dovrebbe abitare soltanto là».
«In effetti si ripete spesso questa sentenza», osservò.
«Come stavo per chiederti», proseguii, «non sono dunque la brama insaziabile e la noncuranza d'ogni altro valore a trasformare questa forma di governo e a prepararla ad avere bisogno della tirannide?» «In che senso?», domandò.
«A mio parere, quando una città democratica, assetata di libertà, viene ad essere retta da cattivi coppieri, si ubriaca di libertà pura oltre il dovuto e perseguita i suoi governanti, a meno che non siano del tutto remissivi e non concedano molta libertà, accusandoli di essere scellerati e oligarchici».
«Sì », disse, «fanno questo».
«E ricopre d'insulti», continuai, «coloro che si mostrano obbedienti alle autorità, trattandoli come uomini di nessun valore, contenti di essere schiavi, mentre elogia e onora in privato e in pubblico i governanti che sono simili ai sudditi e i sudditi che sono simili ai governanti. In una tale città non è inevitabile che la libertà tocchi il suo culmine?» «Come no?»
«Inoltre, mio caro», aggiunsi, «l'anarchia penetra anche nelle case private e alla fine sorge persino tra gli animali».
«In che senso possiamo dire una cosa simile?», domandò.
«Nel senso», risposi, «che ad esempio un padre si abitua a diventare simile al figlio e a temere i propri figli, il figlio diventa simile al padre e pur di essere libero non ha né rispetto né timore dei genitori; un meteco (23) si eguaglia a un cittadino e un cittadino a un meteco, e lo stesso vale per uno straniero».
«In effetti accade questo», disse.
«E accadono altri piccoli inconvenienti dello stesso tipo: in una tale situazione un maestro ha paura degli allievi e li lusinga, gli allievi dal canto loro fanno poco conto sia dei maestri sia dei pedagoghi; insomma, i giovani si mettono alla pari dei più anziani e li contestano a parole e a fatti, mentre i vecchi, abbassandosi al livello dei giovani, si riempiono di facezie e smancerie, imitando i giovani per non sembrare spiacevoli e dispotici».

…..

«Dunque, amico mio», dissi, «questo mi sembra l'inizio bello e vigoroso da cui nasce la tirannide».
«Davvero vigoroso!», esclamò. «Ma che cosa succede dopo?» «Lo stesso malanno», continuai, «che si manifesta nell'oligarchia portandola alla rovina, nasce anche nella democrazia, più forte e violento a causa della licenza, e la asservisce. In effetti l'eccesso produce di solito un grande mutamento in senso contrario, nelle stagioni, nelle piante, negli animali e non ultimo anche nelle forme di governo».
«è naturale», disse.
«Infatti l'eccessiva libertà non sembra mutarsi in altro che nell'eccessiva schiavitù, tanto per il singolo quanto per la città».
«Sì , è naturale».
«Ed è quindi naturale», ripresi, «che la tirannide si formi solo dalla democrazia, ossia che dall'estrema libertà si sviluppi la schiavitù più grave e più feroce».
«è logico», disse.
«Tu però», continuai, «non mi stavi chiedendo questo, bensì qual è quello stesso malanno che nasce nell'oligarchia e nella democrazia asservendole».
«è vero», confermò.
«Ebbene», dissi, «io intendevo parlare di quella razza di uomini pigri e spendaccioni, i più coraggiosi in testa e i più vili al seguito: noi paragoniamo gli uni ai fuchi dotati di pungiglione, gli altri a quelli che ne sono privi».
«E con ragione!», esclamò.
«Questi due gruppi», ripresi, «nascono in ogni regime e vi creano scompiglio, come nel corpo la flemma e la bile;
perciò il buon medico e legislatore della città, non meno di un esperto apicultore, deve prendere per tempo le sue precauzioni, innanzitutto per impedire che nascano, e se nascono perché siano recisi al più presto assieme ai loro favi».
«Sì , per Zeus, proprio così !», disse.
«Quindi», proseguii, «per scorgere più distintamente il nostro obiettivo, procediamo in questo modo».
«Come?» «Dividiamo una città democratica in tre parti, cosa che del resto corrisponde alla realtà. La prima, se non erro, è quella classe che nasce qui non meno che nella città oligarchica a causa della licenza».
«è così ».
«Ma in questo regime è molto più violenta che in quello».
«In che senso?» «Là rimane inesperta e debole perché non viene apprezzata, anzi viene tenuta lontano dalle cariche;
nella democrazia invece questa, salvo pochi casi, è la classe dirigente e la sua parte più violenta parla e agisce, mentre gli altri, seduti attorno alle tribune, ronzano e non tollerano chi contraddice. Così in un simile regime tutto è amministrato da questa classe, con poche eccezioni».
«Precisamente», disse.
«C'è poi un'altra classe che si distingue sempre dal volgo».
«Quale?» «Quando tutti si danno agli affari, le persone dalla natura più equilibrata diventano di solito molto ricche».
«è logico».
«E da lì , penso, i fuchi ricavano facilmente la massima quantità di miele da suggere».
«E come potrebbero suggere da chi ha poche sostanze?», replicò.
«E questi, credo, sono i ricchi che vengono chiamati erba dei fuchi».
«Più o meno», disse.
«La terza classe sarebbe il popolo, composto da chi lavora in proprio e non partecipa agli affari pubblici, gente che non possiede un patrimonio cospicuo: ma nella democrazia questa è la classe più numerosa e più potente, quando si coalizza».
«In effetti è così », disse; «ma non vuole farlo spesso, se non riceve un po' di miele!».
«Eppure ne riceve sempre», replicai, «ogni volta che i governanti spogliano i cittadini abbienti dei loro averi e ne distribuiscono al popolo, tenendo per sé la parte maggiore».
«Sì , lo riceve in questo modo», disse.
Perciò le vittime di queste spoliazioni sono costrette a difendersi credo, parlando e agendo tra il popolo come meglio possono».
«Come no?» «E allora, anche se non aspirano alla rivoluzione, sono accusati dagli altri di tendere insidie al popoì o e di essere oligarchici».
«Certo».
«E alla fine, quando vedono che il popoì o tenta di danneggiarli non di sua iniziativa, ma perché è ignorante e viene ingannato dai calunniatori, allora, che lo vogliano o no, diventano veramente oligarchici non di loro iniziativa, ma perché quel fuco, pungendoli, produce anche questo male».
«Senza dubbio».
«Allora nascono le denunce, i processi e le contese reciproche».
«Appunto».
«Ma il popolo non ha sempre l'abitudine di mettere alla sua testa un solo individuo, di cui alimenta e accresce il potere?» «Sì , ha questa abitudine».

Genoa - Napoli (Torre del Greco - Villa Comunale)

Non so cosa dire. Posso solo assicurare che prima le condizioni della scala non erano migliori, gli autori (notturni) del "decoro", hanno anche provveduto a pulire i gradini dalle piante parietali, bontà loro.
Da notare che hanno attintato in azzurro, anche le ringhiere di protezione ai lati della scala.
Certo se fosse stato un modo di protestare contro i rifiuti per le strade, contro la classe politica che ci amministra, lo avrei gradito molto di più, ma per una partita.........
In ogni caso, considerando che in alcune stazioni hanno pagato per i murales, almeno qui non c'è stato esborso di denaro pubblico.

sabato 9 giugno 2007

Avvocati

Sono andato da un vecchio avvocato napoletano, quelle persone veramente perbene, avvocato civilista, quando ha tempo disponibile, ama conversare in dialetto, anzi tra le parole dotte in latino, ci infila sempre la parola napoletana. E mi ha espresso un concetto bellissimo, parlando di tanti anni addietro, ha raccontato che il padre era avvocato penalista e una volta è andato da lui un cliente del padre per essere difeso da un'accusa di truffa, il cliente già conosceva benissimo la legge e che avrebbe avuto ragione, nonostante la sua chiara malafede.
Bene l'avvocato con molto garbo ed educazione gli spiegò che lui non l'avrebbe potuto difendere, date le circostanze. Il cliente ringraziò e se ne andò.
Mi ha spiegato che anche la persona più disonesta va rispettata, lui ha rifiutato la difesa (quindi una parcella), non giudicando, ma semplicemente facendo capire, io, a mia volta ho capito perchè gli avvocati (come lui) tutelano la giustizia.

Nessun luogo è lontano

“Può forse una distanza materiale separarci davvero dagli amici?
Se desideri essere accanto a qualcuno che ami, non ci sei forse già?”
Richard Bach in "Nessun luogo è lontano"

Ho tanti amici lontani, che magari non sento da tempo, ma gli amici, anche quelli che non sono più tra di noi, rimangono. Sono parte di me.
Personalmente ho avuto incontri stupendi nella vita, come definire il tutto: buona stella, karma, fortuna? Non saprei. Veramente stento a ricordare frequentazioni banali, tutte le mie frequentazioni sono state di persone che "non vivono per caso", ho avuto, grazie agli amici, la possibilità di conoscere persone e vedere posti o particolari che anche se setacci ogni byte del web trovi.
Proprio ieri dicevo a una cara amica, le mie amiche sono un firmamento ma tu sei tra le "supernova".

Ferrovia del Bernina

Ho ricevuto questi link da un caro amico, sono da visitare da chi ama il treno, per chi ama il posto insolito, quello che quando racconti ti guardano con commiserazione, perché concepiscono solo passare 4 ore sotto il sole per aspettare lo sbarco in costa smeralda, del fenomeno mediatico del momento, poi lascia stare che magari dormono a 40 km da Porto Cervo (tanto chi lo sa?), l'importante è scattare la foto. Stefano Benni è stato precursore in tempi avversi con "Bar sport"


http://www.ferroviadelbernina.it/index.htm

Albicocca del vesuvio


L'albicocca del Vesuvio.

venerdì 8 giugno 2007

Impepata di cozze


Limmagine è stata prelevata da: http://jene.altervista.org/_altervista_ht/tripparo.jpg

Rappresenta un venditore con esposizione all'aperto di carni cotte (trippa, piede di maiale, muso di vitello, frattaglie in genere, che vengono vendute a pezzi in "coppi" di carta oleata e conditi con limone e sale in abbondanza.
Un fast food ante litteram.


Alcuni anni fa, un amico chiese ad un altro amico, napoletano del centro storico da generazioni, "dove posso mangiare una impepata di cozze come si deve, e quanto posso spedere".
La risposta fu: "Addo russ a Porta Capuana, e ti fai di interesse 55.000 lire".
(trad. Vai dal rosso a Porta Capuana e spenderai..)
L'amico: "come? Tutti questi soldi?"
L'altro: "certo, 5.000 lire per l'impepata di cozze e 50.000 per la visita medica che ti serve per la gastroenterite". L'amico seguì il consiglio gastronomico, ma l'altro amico indovinò anche l'epilogo: gastroenterite.
E a questo proposito mi è venuto in mente un episodio di molti anni fa, due turisti, se non ricordo male, a Castellamare di Stabia, volevano mangiare dell'anguria, si avvicinarono a una bancarella e ne chiesero delle fette, specificando che avrebbero pagato un'anguria intera, però aperta alla loro presenza (non gradivano le fette esposte alla polvere e allo smog). L'ambulante risentito della mancanza di fiducia, non solo non volle vendere l'anguria, ma li inseguì sparandoli.

da Il Mattino dell'8/06/2007

RISPONDE PIETRO GARGANO

È possibile gustare le cozze senza pericolo?

Di nuovo le cozze alla ribalta per la loro dimostrata pericolosità se coltivate in specchi d'acqua di mare inquinati e non sottoposte alla disinfezione con la prescritta permanenza nelle vasche di stabulazione. Prima di trasmettere il ricordo di un mio lontano impegno peritale, ritengo utile chiarire alcuni aspetti ai fini della prevenzione delle due più frequenti ipotesi di patologia connessa al consumo dei mitili: quella delle salmonellosi (tifo e infezioni paratifoidee, per intendersi) e quella dell'epatite da virus A. Va subito sottolineato che spesso la sicurezza del consumo dei mitili, garantita dalla stabulazione, viene scioccamente compromessa da alcuni venditori che innaffiano le superfici dei cespugli - per conferire un profumo più accattivante alle cozze - con acqua di mare infetta, prelevata in specchi d'acqua contaminata. Va ancora detto agli amatori di questo alimento di impareggiabile sapore che per stare tranquilli basta in fondo qualche accorgimento: i germi delle salmonellosi sono distrutti dalla temperatura di ebollizione nel volgere di un minuto circa; più resistenti quelli dell'epatite A, che richiedono il superamento dei cento gradi per almeno cinque, dieci minuti (invero con buona grazia del sapore e del profumo dei mitili). Resta infine sovrano e indiscusso il ricorso alle vaccinazioni, che consente ai mitilofili di allietare la mensa con una buona impepata di cozze, che per essere tale impone di spegnere il fornello appena dopo l'apertura delle valve. Ma per parlare ancora di cozze, dirò che forse l'incarico peritale più responsabilizzante della mia vita (in veste di specialista in medicina legale e in malattie infettive e tropicali) - perché in caso di errore non avrebbe consentito di porvi riparo in sede di appello - fu quello conferitomi nell'agosto-settembre 1973 dal procuratore della Repubblica dottor Francesco de Sanctis, per accertare, con due illustri colleghi - il professore De Riu, igienista, e il professore Cutinelli, microbiologo - le cause dell'epidemia di colera che aveva colpito Napoli. L'attenzione fu subito diretta verso gli allevatori di mitili operanti nel golfo di Napoli, perché i primi casi di infezione erano insorti dopo pasti a base di cozze. La perizia, poi pubblicata negli atti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, non dimostrò responsabilità degli allevatori di mitili nella genesi del colera, portando a ipotizzare l'eventualità di una partita di cozze infette importate dal nord-Africa. I prelievi di cozze nell'intero golfo di Napoli furono attuati alla presenza nostra e del magistrato che coordinava le operazioni - l'allora giovanissimo sostituto procuratore della Repubblica dottor Vuosi, oggi dirigente dell'Ufficio dei Gip del Tribunale partenopeo - e permisero di provare che gli allevamenti, alcuni abusivi, erano spesso allocati in prossimità degli sbocchi fognari. Ciò assicurava la crescita di cozze gigantesche, assai ben nutrite, ma che i giornali francesi definirono, con linguaggio tanto colorito quanto efficace e vicino alla realtà biologica, delle "boites de merde". Gli accertamenti microbiologici imposero notevoli diluizioni del materiale da utilizzare per l'esame colturale al fine di consentire la conta delle colonie e posero in evidenza lo sviluppo di tre-quattrocentomila colonie di coli per grammo di polpa (la presenza del bacterium coli viene assunta come indice di inquinamento fecale), contro le tre-quattro colonie per grammo tollerate dalle norme di legge all'epoca vigenti. Tra gli allevamenti più sorprendenti ci colpì quello che scoprimmo nel porticciolo di Santa Lucia. Le barche, col meraviglioso panorama, perfezionavano l'immagine delle cartoline. Ben celate al di sotto delle barche pendevano filiere di cozze che ondeggiavano di fronte allo sbocco di un grosso tubo fognario. Ciò ci riferì il maresciallo dei Carabinieri Cozzolino - il cui nome era appropriato - che si era tuffato eroicamente nelle acque fetide, porgendoci un folto cespuglio di cozze, enormi, che aveva prelevato al disotto di una delle barche. La chiusura degli allevamenti e l’affondamento delle cozze al largo, permisero di ridurre, nell'anno successivo, drasticamente, i casi di salmonellosi e di epatite A a Napoli e dintorni

Distrazione

Molti mi hanno chiesto informazioni circa la foto. La foto è stata scattata dopo un'abbondante pioggia, con un cielo nuvoloso ed è un autoritratto.
Il perché è semplice, rappresenta il mio stato permanente, ciò che c'è nel mio DNA: la distrazione.
Fin da bambino sono stato così, mia mamma mi incaricava di andare a prendere qualcosa in dispensa, puntualmente ero costretto a tornare da lei perché avevo dimenticato ciò che le occorreva.
Ma l'ultimo episodio di distrazione è stato da manuale, ero in ufficio, e volevo chiamare un collega sul telefonino (con il mio stesso gestore e prime tre cifre), compongo il numero, mentre chiamo, squilla il mio telefonino, seccato guardo il display e vedo il numero del centralino dell'edificio dove è collocato il mio ufficio (oltre 200 persone), penso ma chi mi chiama sul telefonino dall'ufficio, se sono in ufficio? Per fortuna non ho risposto, ero io........ Il mio capo, presente sta ancora ridendo.

Morano Calabro

Se vi capita di percorrere la Salerno - Reggio Calabria, vale la pena di uscire a Morano Calabro, se non per visitare il paese, per fermarsi a mangiare alla "Locanda del Parco".
Certo quando non si mangia tutto ciò che portano (impresa ardua, anche per me), subito chiedeno se per caso non vi è piaciuto, ma, mangiare tutto, è stata impresa portata a termine solo dal mio più caro amico, non per niente soprannominato "scavafunni". Proverete tante specialità calabresi e non condiscono con olio di semi, ma con olio di oliva calabrese (non ci crederete in tanti ristoranti ed alberghi, anche 4 stelle, non usano l'olio locale).
Il locale è "caldo", senza: quei controsoffitti in cartongesso, alluminio anodizzato, "lo chef consiglia" e foto di VIP.
Si può dormire e le stanze sono molto carine.

Miglio d'Oro

Villa Favorita - Ercolano
Questa villa, patrimonio dell'ente Ville Vesuviane, è stata ristrutturata da alcuni anni.
Quando ero ragazzino, ci abitava una signora molto anziana, che veniva chiamata "a signora r'à favorita" (La signora della favorita).
Un giorno accompagnai, un nipote, che doveva prendere la nonna (a signora r'à favorita), per portarla in auto a casa.
Questo nipote, persona, tutt'oggi, di una simpatia estrema, si divertiva tantissimo a "insolfare" la vecchia signora. Esordì con questa domanda: " 'A nò, rici nu poco comme sono e nore toie".
Lei: " 'E nore mie sò tutte zoccole".
Lui: " ' Comme (fingendosi meravigliato, ma avendo ottenuto la risposta che desiderava), pure mammà?"
Lei: "mamm't è a primma"

Traduzione
Lui: "Nonna racconta come sono le tue nuore".
Lei: "Le mie nuore sono tutte zoccole (puttane)".
Lui: "pure mia mamma?
Lei: "tua mamma è la prima!"

Tutto questo perchè in questo modo "insolfava" (cioè la caricava, la stuzzicava), prima dell'incontro nuora-suocera, divertendosi tantissimo ai battibecchi tra la nonna e la madre.

giovedì 7 giugno 2007

Rafting

Queste sono due fotografie del 2005.
Ormai, grazie a Robert, abbiamo preso confidenza con il rafting. Certo, i voli dal gommone non mancano. L'anno scorso, siamo caduti in due, a turno. La discesa per la corrente forte era veramente impegnativa. Io che posso dire a buon titolo di "avere peso" nel gommone (sono un falso magro, vero chiatto), ma, nonostante ciò sono stato letteralmente catapultato dalla parte opposta di dove ero seduto (da notare gli incastri per i piedi....) è incredibile provare a muoversi in un fiume, anche per chi, come me, è abituato anche al mare mosso. Comunque grazie a Robert la spedizione dopo oltre una ventina di chilometri di discesa è andata a buon fine.

Posillipo è meglio di vico scassacocchi alla zabatteria

Certo, non c'è dubbio che vivere a Posillipo è meglio che vivere a vico scassacocchi alla zabatteria. E questo è possibile solo avendo soldi in quantità.

Posillipo è la citta proibita di Napoli.


L´ossessione per il denaro da parte dei miei studenti

da: La Repubblica del 07-06-2007
di:
MARCO LODOLI

La scuola, anche quella che traballa sul bordo della città, quella dove i ragazzi ormai fanno fatica anche e leggere e a scrivere e far di conto, a volte si trasforma inaspettatamente in un´aula di filosofia teoretica: dal nulla spuntano discussioni che lasciano a bocca aperta per la quantità di intelligenza e verità che si dispiega. L´altro giorno, a mezz´ora dalla fine delle lezioni, una ragazza - sembrano più sveglie, le ragazze, più sincere - ha cominciato a dire che l´unica cosa importante sono i soldi. Non è un´affermazione nuova, anzi direi che i miei allievi sono piuttosto ossessionati dal valore del denaro, che sta senz´altro al primo posto nella loro brutale gerarchia. Come al solito io ho ribattuto che i soldi sono importanti, ma non sono tutto nella vita, e soprattutto che non devono occupare il primo posto nella fantasia di un adolescente. A diciassette anni altre devono essere le preoccupazioni e le gioie: l´amore, lo studio, l´impegno, l´amicizia, le avventure del cuore e della mente, e così via. Ma poi, uscendo dal solito tracciato pedagogico, ho voluto capire meglio. «Perché, cara Jessica, i soldi sono così decisivi? Spiegamelo, io non lo capisco». La risposta è stata immediata, diretta, sorprendente. «Perché i soldi sono il contrario della realtà. Non è vero che i soldi permettono di avere più fette della torta, questa torta è marcia e nessuno la desidera. Più sei ricco, più puoi rimanere fuori dal mondo. Meglio ancora: puoi abitare in un mondo a parte, tutto fantastico, tutto inventato e invulnerabile». Il contrario della realtà, e cioè? «E´ semplice, le faccio l´esempio della mia famiglia. Mio padre guadagna mille e cento euro al mese. Ne paga seicento di affitto per la casa in cui viviamo, uno schifo di casa. Per andare avanti ha dovuto chiedere prestiti alle finanziarie, alla banca, agli amici. Ora deve lavorare notte e giorno, spezzarsi la schiena per mantenerci, dormire poco e preoccupato. Noi siamo dentro alla realtà, ma la realtà non è mai bella. Lei professore ci ha spiegato gli scrittori realisti e neorealisti: e questo scrittori cosa raccontano? Miseria, degradazione, squallore. Questa è la realtà. Chi ha molti soldi, invece, può vivere da un´altra parte, lontano dalla minaccia della realtà. Si può creare le sue favole. Una bella barca per viaggiare sul mare con gli amici, locali notturni dove si ride e si scherza, abiti incredibili per travestirsi, una villa con la piscina e il muro alto, affinché la realtà non possa entrare. Io voglio i soldi per scappare da questa morsa. Voglio essere ricca per andare più lontano possibile dalla realtà». Io ho cercato di replicare, di difendere la vita per quello che è, con le sue pene e le sue meraviglie autentiche, dunque necessarie per comprendere meglio chi siamo, cosa vogliamo, dove ci dirigiamo. «Tutte chiacchiere, professore, tutte bugie. Oggi la realtà non piace a nessuno, neanche a lei che scrive romanzi e poesie. Neanche lei, come tutti gli artisti grandi o piccini, ama la realtà, altrimenti non avrebbe passato tanti anni in mondi paralleli, che non si incrociano mai con le cose pesanti della vita. Mio padre ha obbedito alla realtà, perché non poteva fare altrimenti, perché è un poveraccio. Ma se avesse potuto sarebbe fuggito anche lui, e un po´ ci prova ancora. La domenica va in chiesa, prega Dio, s´inventa per due ore un cinema marziano e ci si ripara dentro. Oppure guarda la televisione fino a stordirsi, quando può. Mia madre beve per non pensare. Ognuno cerca una scappatoia dalla pesantezza della realtà, dai debiti, dalle malattie, dai turni di lavoro. E i soldi sono la stessa cosa, ma molto meglio. Chi è carico di soldi può fregarsene di tutto. Per questo piacciono tanto a noi ragazzi, non l´ha capito? Perché noi non vogliamo più scendere a patti con le cose reali, vogliamo vivere il più possibile dentro una bella finzione, come quelli che recitano a teatro. Che dovremmo fare, altrimenti? Lottare per cinquanta euro in più, sbatterci nella politica per avere un´altra briciola di pane secco? Per carità. I soldi sono esattamente uguali ai sogni, ma durano di più e portano più lontano. Lo so, noi che abitiamo in periferia, che siamo figli di disgraziati, tanti soldi non ne avremo mai. Però finché ho diciassette anni ci voglio sperare. Voglio augurarmi tutto il bene possibile. E tutto il bene possibile è stare fuori dalla realtà, fuori dallo schifo, dalle guerre, dalla miseria, dalla sconfitta. I soldi sono come Dio e come l´arte, anche meglio. Portano in fretta altrove. E io voglio stare lassù, felice e indifferente». Poveri gli ultimi, allora, perché solo loro è il regno della realtà. Bisogna rimettersi seriamente al lavoro per aggiustarla meglio possibile, questa realtà italiana, per renderla vivibile, apprezzabile, addirittura amabile. E´ un´impresa improba, ma bisogna riparare subito le falle: la nave è già inclinata e le poche scialuppe di salvataggio sono tutte piene, di ricchi o di spaesate illusioni.

mercoledì 6 giugno 2007

Informazioni a Napoli

Un fattariello veramente accaduto.

Un collega milanese, rimane in panne con la moto a Napoli centro, riesce a trovare il centro di assistenza autorizzato, però deve raggiungere il quartiere poggioreale (famoso per il carcere), esprimendosi con l'accento della sua terra, chiede al meccanico (persona anziana): come faccio per andare a poggioreale? Il meccanico (con la massima flemma e serietà), indicando l'esterno della porta a vetri: a verite chella guardia? Chiavatece nu' pacchero ca ve porta direttamente a puoggioreale" Traduzione: La vedete quella guardia (agente delle forze dell'ordine), dategli un ceffone che vi porta direttamente a poggioreale (intendendo in carcere).

flemma napoletana

Un fattariello veramente accaduto.

Scena:
un tizio cammina a piedi al centro di un vicolo, una macchina lo segue, logicamente al suo passo, con estrema pazienza.
Il pedone dopo un poco si è accorto dell'auto alle spalle e rivolgendosi all'autista:
non sapivi sunà? Traduzione: non sapevi suonare? (il clacson)
la risposta dell'autista:
e che sapevo ca te piaceva a musica.

Ecco con oggi ho inaugurato questo blog.
Per conto mio cercherò di riportare asetticamente ciò che è Napoli nel bene e nel male, poi ci saranno i post da Atene.

t'hai pigliat a patente a S. Pietro a Majella?

Tipico traffico napoletano, un automobilista suona con più insistenza degli altri, un pedone seccato: ma t'hai pigliat a patente a S. Pietro a Majella?
Trad. Hai preso la patente a S. Pietro a Majella? (Il conservatorio di Napoli si trova in questa strada)

Infortuni sul lavoro


Questa poesia, che io sappia, è stata scritta negli anni trenta, quando veniva scattata la foto qui a fianco a New York.
Ma è possibile che ancora oggi si muore come mosche nei cantieri edili?






Fravecature

All'acqua e a 'o sole fràveca
cu na cucchiara 'mmano,
pe' ll'aria 'ncopp'a n'anneto,
fore a nu quinto piano.

Nu pede miso fauzo,
nu muvimento stuorto,
e fa nu vuolo 'e l'angelo:
primma c'arriva, è muorto.

Nu strillo; e po' n'accorrere:
gente e fravecature.
- Risciata ancora... E' Ruoppolo!
Tene ddoie criature!

L'aizano e s' 'o portano
cu na carretta a mano.
Se move ancora ll'anneto
fore d' 'o quinto piano.

E passa stu sparpetuo,
cchiú d'uno corre appriesso;
e n'ato, 'ncopp'a n'anneto,
canta e fatica 'o stesso.

'Nterra, na pala 'e cavece
cummoglia 'a macchia 'e sango,
e 'e sghizze se sceréano
cu 'e scarpe sporche 'e fango.

Quanno ô spitale arrivano,
la folla è trattenuta,
e chi sape 'a disgrazia
racconta comm'è gghiuta.

E attuorno, tutt' 'o popolo:
- Madonna! - Avite visto?
- D' 'o quinto piano! - 'E Virgine!
- E comme, Giesucristo ... ?!

E po' accumpare pallido
chillo c' 'ha accumpagnato:
e, primma ca ce 'o spiano,
fa segno ca è spirato.

Cu 'o friddo dint'a ll'anema,
la folla s'alluntana;
'e lume già s'appicciano;
la via se fa stramana.

E 'a casa, po', 'e manibbele,
muorte, poveri figlie,
mentre magnano, a tavola,
ce 'o diceno a 'e famiglie.

'E mamme 'e figlie abbracciano,
nu sposo abbraccia 'a sposa...
E na mugliera trepida,
aspetta, e nn'arreposa.

S'appenne 'a copp'a ll'asteco;
sente 'o rilorgio: 'e nnove!
Se dice nu rusario...
e aspetta e nun se move.

L'acqua p' 'o troppo vóllere
s'è strutta 'int' 'a tiana,
'o ffuoco è fatto cénnere.
Se sente na campana.

E 'e ppiccerelle chiagneno
pecché vonno magna':
- Mammà, mettímmo 'a tavula!
- Si nun vene papà?

'A porta! Tuzzuléano:
- Foss'ísso? - E va 'arapi'.
- Chi site? -'O capo d'opera.
Ruoppolo abita qui?

- Gnorsì, quacche disgrazia?
Io veco tanta gente...
- Calmateve, vestíteve...
- Madonna! - 'E cosa 'e niente.

'E sciuliato 'a l'anneto
d' 'o primmo piano. - Uh, Dio!
e sta ô spitale? - E logico.
- Uh, Pascalino mio!

E ddoie criature sbarrano
ll'uocchie senza capi';
a mamma, disperannose,
nu lampo a se vesti';

e cchiude 'a dinto; e scenneno
pe' grade cu 'e cerine.
- Donna Rache'! - Maritemo
che ssà, sta ê Pellerine.

E' sciuliato 'a ll'anneto.
Sì, d' 'o sicondo piano.
E via facenno st'anneto,
ca saglie chiano chiano.

- Diciteme, spiegateme.
- Curaggio. - E' muorto?! - E' muorto!
D 'o quinto piano. 'All'anneto.
Nu pede miso stuorto.

P' 'o schianto, senza chiagnere,
s'abbatte e perde 'e senze.
E' Dio ca vo' na pausa
a tutte 'e sufferenze.

E quanno 'a casa 'a portano,
trovano 'e ppiccerelle
'nterra, addurmute. E luceno
'nfaccia ddoie lagremelle.

Raffaele Viviani

Beppe Grillo


Domenica 3, sono stato a vedere lo spettacolo di Beppe Grillo all'Arena Flegrea di Napoli, inutile dire esilirante. Ha parlato di tutto e di più: dai rifiuti al precariato.
Prendo spunto dal precariato, per riportare un pensiero di un giovane amico, che, vive da alcuni mesi a Londra e rifletteva su Napoli che è considerata la città della gente di cuore, lui diceva a Londra mi hanno aiutato in tutti i modi (i londinesi), nella mia città mi hanno sfruttato (lavorativamente parlando), tenendomi a nero e quando ho avuto un infortunio non mi hanno nemmeno pagato i giorni di assenza.
Ecco gli amici, ecco la "la gente di cuore".

domenica 3 giugno 2007

3 giugno 2007

Stamane alle ore 7.30, ero nelle braccia di Morfeo, squilla il citofono, penso, un errore o il solito che mi vuole indicare la strada per il Paradiso.
Rispondo, mi dicono: "c'è una colazione per lei", dico che avranno sbagliato citofono, loro mi indicano il mio nome di battesimo e il nome con cui viene chiamata mia moglie, non è uno scherzo, ricordo che ricorre l'anniversario di matrimonio, il fratello di mia moglie con sua moglie hanno voluto porgerci gli auguri, "prendendoci per la gola".

sabato 2 giugno 2007

Parcheggiare a Napoli

Un amico della provincia di Napoli, una sera parcheggia nei pressi di un teatro napoletano per assistere a uno spettacolo, logicamente si avvicina un parcheggiatore, logicamente, abusivo che lo fa parcheggiare e gli chiede il pagamento anticipato. Quando esce trova un altro parcheggiatore che gli chiede soldi, lui dice che quando è arrivato c'era un altro che lo ha fatto parcheggiare. Il parcheggiatore: "avete detto bene, il collega vi ha fatto parcheggiare, io ho guardato la macchina"