martedì 26 giugno 2007

Il mio micio


Fin da bambino ho avuto un trasporto per gli animali, in particolare per cani e gatti. Purtroppo non ho mai condiviso la mia casa con un cane, però da ragazzino, riuscii a convincere mia mamma a tenere un gattino trovatello, che presentai a mia mamma tenendolo a schiena sotto nella tasca sul davanti del Kway.
Il patto prevedeva che il gatto non sarebbe mai salito in casa, avrebbe avuto la sua cuccia, lettiera e cibo nell’autorimessa. La porta basculante fu opportunamente modificata, con uno sportellino oscillante, in modo da consentire all’amico impellicciato le libere uscite, si sa i gatti sono indipendenti, come si sa che le promesse dei ragazzini sono da marinaio, e le mamme, anche se di stampo teutonico, sono sempre mamme. Così le regole concordate, man mano, mutarono, come cambiavano nella “Fattoria degli animali” di Orwell. Infatti il gatto era inizialmente accolto in casa in mia presenza, poi nelle ore diurne, poi nelle notti di temporale, insomma via discorrendo su deroghe varie. Il nostro, divenne sempre più un gatto di casa, certo la sua permanenza nelle comode e protette mura domestiche era “sudata”, infatti stare dietro le attenzioni mie e di mio fratello era dura. La passione di mio fratello erano le orecchie, il mio fratellino, amava carezzare con le dita queste appendici di caldo velluto, io invece amavo carezzare il petto, dove c’è un pelo folto e morbido che le dita affondano avvolte di calore. Ciò che non dimenticherò mai sono le giornate invernali, con il gatto sulle gambe che fa le fusa, poche situazioni sono più rilassanti.
Il mio gatto, amava lottare con i piedi della libreria nello studio di mio padre, scolpiti a forma di zampe di leone, inseguire oggetti ai nostri occhi invisibili o tendere attentati a mia madre o mia nonna, si metteva dietro la porta della cucina, e al passaggio di una delle due, “paccheriava” con le zampette anteriori le gambe della malcapitata.
Anche il pasto era sudato, infatti quando eravamo in casa, mia madre preparava del pesce lesso per il micio, noi lo prendevamo in consegna, dopo averglielo fatto annusare, scappavamo lungo il corridoio svoltando velocemente in cucina. Il gatto per inseguirci, istintivamente tendeva a curvare “frenando”, ma il gatto rallenta, estraendo le unghie e queste sui pavimenti ceramici, non hanno nessun attrito, quindi puntualmente sbatteva in derapata contro la porta.
Logicamente, alle deroghe, c’era comunque l’accordo di portare il gatto presso la sua lettiera, ma un giorno, presi dal gioco e dalla presenza di amici, non capimmo in tempo il lamenti del micio, che in linguaggio gattesco, comunicavano gli ordini inderogabili dall’interno. In conclusione, il poverino la mollò, ma in un posto ai suoi occhi discreto: dietro un carillon, piccolo particolare c’era una presa elettrica, improvvisamente sentimmo una botta tremenda, un miaooooooooo, e una puzza di ammoniaca terribile, oltre ad essere rimasti al buio. Il micetto aveva mollato sulla presa la pipì, ottimo conduttore di corrente, con una immediata vaporizzazione del liquido.
Il gatto da allora non ha mostrato più interesse per le gattine, ma nell’immediato, dopo aver pulito il tutto (prima che venisse mia madre), rimase questo olezzo penetrante, scavando in casa, trovammo un insetticida, che provvedemmo a riversare in ambiente. Quando mia mamma tornò, logicamente, sentì questo tanfo derivante da un’immonda fusione di “odori”, noi ci dilettammo nell’illustrare un’invasione di moscerini (in pieno inverno), di conseguenza l’utilizzo dell’insetticida, ma mia madre subito disse: “il gatto ha fatto la pipì in casa”. Non ha mai preteso tutta la verità, in compenso si convinse a tenere una lettiera a porta di “zampe” su di un balcone. Cosa si fa per i figli……..
P.S. nella foto Lucio, poi tanti amici hanno o condividono la passione per i gatti, elenco alcuni nomi, anche di gatti miei: Cadisia, Aramis, Diesis, Magie noir, Rosa Luxemburg, Nerone e rossetto (per i colori), Pinocchio, ma il più singolare rimane quello attribbuito da ragazzini in un quartiere popolare di Napoli: mezza recchia, infatti il micio in questione, ha perso, forse durante un combattimento, un pezzo di orecchio, ma a Napoli ha anche un altro significato.
Dedicato a chi contribuisce alla mia insonnia.

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