venerdì 8 giugno 2007

Impepata di cozze


Limmagine è stata prelevata da: http://jene.altervista.org/_altervista_ht/tripparo.jpg

Rappresenta un venditore con esposizione all'aperto di carni cotte (trippa, piede di maiale, muso di vitello, frattaglie in genere, che vengono vendute a pezzi in "coppi" di carta oleata e conditi con limone e sale in abbondanza.
Un fast food ante litteram.


Alcuni anni fa, un amico chiese ad un altro amico, napoletano del centro storico da generazioni, "dove posso mangiare una impepata di cozze come si deve, e quanto posso spedere".
La risposta fu: "Addo russ a Porta Capuana, e ti fai di interesse 55.000 lire".
(trad. Vai dal rosso a Porta Capuana e spenderai..)
L'amico: "come? Tutti questi soldi?"
L'altro: "certo, 5.000 lire per l'impepata di cozze e 50.000 per la visita medica che ti serve per la gastroenterite". L'amico seguì il consiglio gastronomico, ma l'altro amico indovinò anche l'epilogo: gastroenterite.
E a questo proposito mi è venuto in mente un episodio di molti anni fa, due turisti, se non ricordo male, a Castellamare di Stabia, volevano mangiare dell'anguria, si avvicinarono a una bancarella e ne chiesero delle fette, specificando che avrebbero pagato un'anguria intera, però aperta alla loro presenza (non gradivano le fette esposte alla polvere e allo smog). L'ambulante risentito della mancanza di fiducia, non solo non volle vendere l'anguria, ma li inseguì sparandoli.

da Il Mattino dell'8/06/2007

RISPONDE PIETRO GARGANO

È possibile gustare le cozze senza pericolo?

Di nuovo le cozze alla ribalta per la loro dimostrata pericolosità se coltivate in specchi d'acqua di mare inquinati e non sottoposte alla disinfezione con la prescritta permanenza nelle vasche di stabulazione. Prima di trasmettere il ricordo di un mio lontano impegno peritale, ritengo utile chiarire alcuni aspetti ai fini della prevenzione delle due più frequenti ipotesi di patologia connessa al consumo dei mitili: quella delle salmonellosi (tifo e infezioni paratifoidee, per intendersi) e quella dell'epatite da virus A. Va subito sottolineato che spesso la sicurezza del consumo dei mitili, garantita dalla stabulazione, viene scioccamente compromessa da alcuni venditori che innaffiano le superfici dei cespugli - per conferire un profumo più accattivante alle cozze - con acqua di mare infetta, prelevata in specchi d'acqua contaminata. Va ancora detto agli amatori di questo alimento di impareggiabile sapore che per stare tranquilli basta in fondo qualche accorgimento: i germi delle salmonellosi sono distrutti dalla temperatura di ebollizione nel volgere di un minuto circa; più resistenti quelli dell'epatite A, che richiedono il superamento dei cento gradi per almeno cinque, dieci minuti (invero con buona grazia del sapore e del profumo dei mitili). Resta infine sovrano e indiscusso il ricorso alle vaccinazioni, che consente ai mitilofili di allietare la mensa con una buona impepata di cozze, che per essere tale impone di spegnere il fornello appena dopo l'apertura delle valve. Ma per parlare ancora di cozze, dirò che forse l'incarico peritale più responsabilizzante della mia vita (in veste di specialista in medicina legale e in malattie infettive e tropicali) - perché in caso di errore non avrebbe consentito di porvi riparo in sede di appello - fu quello conferitomi nell'agosto-settembre 1973 dal procuratore della Repubblica dottor Francesco de Sanctis, per accertare, con due illustri colleghi - il professore De Riu, igienista, e il professore Cutinelli, microbiologo - le cause dell'epidemia di colera che aveva colpito Napoli. L'attenzione fu subito diretta verso gli allevatori di mitili operanti nel golfo di Napoli, perché i primi casi di infezione erano insorti dopo pasti a base di cozze. La perizia, poi pubblicata negli atti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, non dimostrò responsabilità degli allevatori di mitili nella genesi del colera, portando a ipotizzare l'eventualità di una partita di cozze infette importate dal nord-Africa. I prelievi di cozze nell'intero golfo di Napoli furono attuati alla presenza nostra e del magistrato che coordinava le operazioni - l'allora giovanissimo sostituto procuratore della Repubblica dottor Vuosi, oggi dirigente dell'Ufficio dei Gip del Tribunale partenopeo - e permisero di provare che gli allevamenti, alcuni abusivi, erano spesso allocati in prossimità degli sbocchi fognari. Ciò assicurava la crescita di cozze gigantesche, assai ben nutrite, ma che i giornali francesi definirono, con linguaggio tanto colorito quanto efficace e vicino alla realtà biologica, delle "boites de merde". Gli accertamenti microbiologici imposero notevoli diluizioni del materiale da utilizzare per l'esame colturale al fine di consentire la conta delle colonie e posero in evidenza lo sviluppo di tre-quattrocentomila colonie di coli per grammo di polpa (la presenza del bacterium coli viene assunta come indice di inquinamento fecale), contro le tre-quattro colonie per grammo tollerate dalle norme di legge all'epoca vigenti. Tra gli allevamenti più sorprendenti ci colpì quello che scoprimmo nel porticciolo di Santa Lucia. Le barche, col meraviglioso panorama, perfezionavano l'immagine delle cartoline. Ben celate al di sotto delle barche pendevano filiere di cozze che ondeggiavano di fronte allo sbocco di un grosso tubo fognario. Ciò ci riferì il maresciallo dei Carabinieri Cozzolino - il cui nome era appropriato - che si era tuffato eroicamente nelle acque fetide, porgendoci un folto cespuglio di cozze, enormi, che aveva prelevato al disotto di una delle barche. La chiusura degli allevamenti e l’affondamento delle cozze al largo, permisero di ridurre, nell'anno successivo, drasticamente, i casi di salmonellosi e di epatite A a Napoli e dintorni

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Che un bel post. Adoro leggere questi tipi o articoli. Posso? T aspettare di vedere ciò che altri hanno da dire..

Anonimo ha detto...

certo che quel Cozzolino per buttarsi in quell'acqua fetida ci vuole piu' coraggio che a mangiare le cozze che ci sono cresciute, infatti se le bollisci 20 minuti, mangerai mer*a ma almeno hai ammazzato tutti i microbi, invece a lui i microbi gli sono entrati nelle orecchie, nel naso ecc ecc davvero un eroe il carabiniere Cozzolino non ce ne sono molti di cosi' coraggiosi.